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sabato 1 novembre 2014

Vacanze a sorpresa 4


Per il viaggio indossai un abito a fiori molto carino che metteva in risalto la mia figura snella, un paio di sandali e portavo i capelli raccolti. Dovevo fare buona impressione sui genitori di Mark, non so perché ma ci tenevo ad essere ben accolta da questi genitori che non vedevano l’ora di vedere sistemato il loro viziato figliolo.

Io e Mark avevamo due posti nella corsia da due, ma durante tutto il tempo del volo scambiammo in tutto tre parole al massimo. Sembrava di cattivo umore, si era pentito certamente che la  scelta fosse caduta su di me. A me non importava non gli avevo chiesto nulla, era stato lui ad insistere. Ora doveva subirne le conseguenze, male che vada, pensai tra me, mi avrebbe comprato il biglietto di ritorno.

Alle 10 eravamo già arrivati ad Antibes. Quando scendemmo dall’aereo percorremmo a piedi la distanza che separava l’aereo dall’aeroporto. Ero agitata perché tra poco avrei conosciuto i genitori di Mark. Chissà che tipi erano, gli assomigliavano o forse erano burberi e prepotenti come lui. Mentre questi pensieri occupavano la mia mente, Mark mi disse: “ Aspettami qui, arrivo subito.” Io mi fermai vicino al bar poggia la mia valigia alle sedie della sala d’attesa e lo vidi allontanarsi verso l’uscita. Pensai tra me, forse va a vedere dove hanno parcheggiato i suoi. Dopo un po’ lo vidi arrivare senza valigia, si avvicinò a me e mi disse abbastanza gelidamente: “Andiamo”. Lo segui senza dire una parola verso l’uscita. Fuori c’erano diverse macchine, noi ci dirigemmo verso una Mercedes a due posti parcheggiata lì vicino. Mark mi prese la valigia e la depose nel portabagagli poi senza dire una parola si sedette al posto del guidatore e io al suo fianco e partimmo.

Il silenzio tra noi due stava iniziando ad essere pesante, mi girai dalla sua parte ad osservarlo. Aveva quell’espressione dura sul viso, la camicia azzurra che indossava metteva in risalto la sua carnagione scura. I suoi capelli erano così belli scomposti. Se fosse stato un’altra persona ci avrei fatto un pensierino, ma era così prepotente e a me le persone che volevano fare solo di testa loro non mi piacevano. Per me volevo una persona dolce, gentile, paziente tutto l’opposto di Mark Nicholson.

Senza girarsi, ma continuando a guidare mi disse: “I miei sono via, hanno deciso di prolungare di altri due giorni il loro giro in barca. Si scusano per non essere a casa ad accoglierti.”

Il mio primo pensiero fu di sollievo. Se i suoi genitori non c’erano non avremmo dovuto sforzarci di essere carini l’uno con l’altro. Mi venne in mente che in realtà non avevamo ancora parlato di come avremmo dovuto comportarci reciprocamente in presenza dei suoi genitori, ma la mia codardia mi impedì di porre la domanda. Così continuammo in silenzio il nostro percorso.

Poco dopo aggiunse: “Abbiamo circa un’ora di macchina prima di arrivare a casa, se hai bisogno di qualcosa dimmelo che mi fermo.” Disse questa frase senza girarsi dalla mia parte solo per pura educazione. Io allora per non essere scortese gli risposti: “No ti ringrazio non ho bisogno di nulla”. Poco dopo lo vidi premere un pulsante sul cruscotto e una piacevole musica si diffuse dalle casse. La musica avrebbe certamente reso meno noioso il viaggio anche se io non mi stavo annoiando.

Mi accorsi che man mano che ci spostavamo verso casa sua il paesaggio diventava più verdeggiante: grandi campi coltivati: girasoli, viti, mais. Le tipiche case coloniche molto semplici. Anche il traffico iniziava lentamente ad essere meno intenso, ci capitava di incontrare molte macchine tipo gippone con il cassone retrostante occupato da attrezzi e talvolta da animali.

Era molto bello qui, mi resi conto che un po’ alla volta stavo iniziando a rilassarmi. Mi piaceva guardarmi attorno e quello che vedevo era molto bello. Il sole intenso mi accarezzava la pelle e mi trasmetteva una piacevole sensazione, mi sedetti più comodamente e continuai a guardare fuori.

Ad un certo punto lo sentii mormorare: “Siamo arrivati” mentre la macchina stava percorrendo un viale fiancheggiato da eucalipti. Arrivammo davanti ad una bella casa dalla facciata bianca, quelle tipiche costruzioni che si vedono sul lungomare con le imposte chiare e delle enormi piante di oleandro che la circondavano. Era un edificio su due piani con ampi vetrate che illuminavano gli ambienti interni. Quando scendemmo dalla macchina lui si avvicinò al bagagliaio e tirò fuori le nostre valigie. Io presi la mia e lo seguii dentro la casa.

Appena messo piede dentro casa, depositò la sua valigia in soggiorno poi sentii che chiamava una donna e poco dopo comparve assieme a lui una signora di una certa età che si stava asciugando le mano sul grembiule che indossava. Mark fece le presentazioni: “Maria questa è Helen, Helen Maria. Per tutto quello che avrai bisogno puoi rivolgerti a lei senza problemi.” Sorrisi alla donna e le strinsi la mano. Poco dopo Maria ci chiese se volevamo mangiare qualche cosa o se eravamo stanchi. Mark senza consultarmi rispose per tutti e due che eravamo a posto così poi mi disse: “Seguimi che ti faccio vedere la tua stanza.” Presi la mia valigia e lo segui su per le scale che portavano al primo piano. Percorremmo un ampio e luminoso corridoio e aprì la seconda porta sulla destra dicendo: “Questa è la tua camera, se hai bisogno parla pure con Maria sino a quando non arriverà mia madre. Io ringrazia poco dopo aggiunse: “Abbiamo una spiaggetta privata puoi raggiungerla da quel sentiero che vedi vicino al cactus.”

 Mentre lo diceva mi prese per il gomito e mi condusse in fondo al corridoio e dalla portafinestra mi indicò il sentierino che scendeva alla spiaggia. Il suo tocco deciso mi produsse un certo brivido, ma cercai di non fargli capire che la sua vicinanza produceva un certo effetto su di me. Ringrazia senza guardarlo in viso e delicatamente mi sciolsi dalla sua presa spostandomi verso il lato estremo facendo finta di sporgermi per guardare più attentamente il panorama. Lui rimase dietro di me a poca di stanza, lo sentivo respirare e poiché io non mi decidevo a girarmi poco dopo disse: “Ritieni libera di fare quello che ti va. Fai come se fossi a casa tua.” Mentre lo diceva sentivo che sorrideva. Non mi girai e lui si allontano e io allora tirai un respiro di sollievo.

Ritornai in camera mia chiusi la porta alle mie spalle e mi guardai attorno. Era una bella camera spaziosa il letto molto largo aveva un bel copriletto bianco fatto con l’uncinetto; l’arredamento era molto bello tutti pezzi antichi che si adattavano perfettamente all’ambiente. Poche cose ma belle che non rendevano la stanza soffocante anzi entrando avevo avuto una piacevole sensazione di accoglienza.

Mi ricordai subito che dovevo spedire un messaggio a Susan per avvertirla che ol viaggi era andato bene e che ora ero a casa di Mark che disfacevo le valigie.

Mi avvicinai all’armadio e inizia ad appendere gli abiti per non sgualcirli di più. Dato che Mark mi aveva detto che potevo fare quello che volevo, decisi di indossare il costume e andare a fare un bagno. Era un peccato perdere tempo a riposarmi, lo avrei potuto fare anche in spiaggia. Misi il mio due pezzi e indossai un camicione, presi l’asciugamano dalla valigia e con le mie infradito scesi le scale e non incontra anima viva.

 Provai a cercare Maria per avvertirla che andava alla spiaggia, ma in cucina non c’era nessuno, così tornai sui miei passi presi il sentierino e dopo neanche 10 minuti ero già arrivata alla spiaggia. Il sole caldo era così piacevole mi tolsi le infradito e decisi di fare subito un bagno. L’acqua era fresca mi tuffai e la sensazione dell’acqua sulla pelle era molto gradevole, nuotai con bracciate energiche, poi tornai verso la riva e mi sdraiai al sole.

Non so quanto tempo fosse trascorso dovevo aver dormito sicuramente, avevo un leggero languore, ma non mi andava di tornare a casa, non volevo disturbare così decisi di non dare ascolto alla mia pancia ma tirai fuori dalla borsa il mio libro per ingannare il tempo leggendo.

Mi accorsi che il tempo passava perché i raggi del sole erano meno intensi e forse era meglio che facessi ritorno, ma non ne avevo voglia; cercavo di prolungare il più possibile il momento in cui sarei stata costretta a rivedere Mark.

Decisi che era il caso di ritornare a casa, così presi le mie cose, avevo la piacevole sensazione del sale che tirava la pelle, feci un sospiro e pensai da quanto tempo non stavo così bene.

Appena misi piede in casa vidi Maria che mi salutò allegramente: “E’ stata a fare il bagno?” “Si” risposi “Sarebbe stato un peccato non approfittarne.” Maria sorridendo aggiunse: “Se ha sete ci sono delle bibite in frigo e della frutta, si cena alle nove ma se avete fame possiamo anticipare.” “Per me va bene” Non volevo confessare che stavo per svenire dai morsi della fame, così per placare i miei brontolii mi recai in cucina a prendere un po’ di frutta.