Dopo aver sistemato i covoni le ragazze di
solito si nascondevano nel fienile per farsi trovare e amoreggiare un po’con i
ragazzi; oppure un altro gioco divertente era quello di tuffarsi dal piano alto
del fienile sul fieno appena raccolto. Alma lo faceva sempre volentieri, in
quel momento aveva visto un bel carro che era stato portato là sotto e senza
pensarci tanto prese la rincorsa e si lanciò con un urlo. Proprio in quel
momento passava Tomas che non si era accorto che sotto c’era il carro con il
fieno e si spavento credendo che Alva sarebbe caduta per terra.
Mentre Alva sdraiata rideva come una pazza vide
arrivare Tomas bianco come se avesse visto un cadavere e quando si rese conto
che Alva era planata dolcemente sopra il carro di fieno e non per terra come
lui si era immaginato, gli montò una tale rabbia che esplose dicendo: “Se non
sparisci ti garantisco che ti sculaccio sino a scorticarti.”
Alva si
alzò velocemente stupita della reazione esagerata di Tomas, non riusciva a
capire perché se la fosse presa tanto con lei. Mentre raggiungeva gli altri
sotto il portico pensava alla reazione che aveva avuto Tomas. Era sbiancato
temendo che si fosse fatta male. Allora ci teneva a lei non le era poi così
indifferente.
Dopo un po’ lo vide arrivare mentre si abbottonava
la camicia. Si sistemo nel punto più lontano da lei, ma la tenne d’occhi per
tutta le cena. Mangiarono, circolava tanto vino e quando i suoi amici di tavola
iniziarono ad alzare troppo il gomito vide Tomas avvicinarsi a lei , la prese
sotto braccio e la portò in un tavolino un po’ più tranquillo.
Alva lo guadava e lui ad un certo punto sbotto:
“Cos’hai da guardare?”
Lei
con un sorrisetto gli rispose: “In fin dei conti non ti sono poi così
indifferente?” lei sorridendo continuò: “Ti sei preso un bello spavento perché
credevi che potessi farmi male cadendo?” Lui la guardò torvo e le rispose: “Ti
sbagli mi sarei comportato così per qualsiasi altra persona.”
Lei ora inviperita rispose: “Sei un ipocrita
bugiardo. Perché non hai il coraggio delle tue azioni?” lui la guardò e non
rispose. Lei allora continuò: “Tu non la ami. Non è la donna per te dona
Carmela. E’ una persona splendida ma tu non vuoi lei, desideri me come io te.”
Lui la guardò e disse: “Non sono la persona che fa per te, ti farei solo soffrire.”
Lei urlando gli disse: “Come puoi dire una cosa del genere?”
Tomas si alzò e dopo averla guardata le
disse: “Domani devo alzarmi presto è meglio che vada” Alva cercò di trattenerlo
dicendogli: “Mi puoi accompagnare?” Lui scuotendo la testa rispose: “E’ meglio
di no!” la salutò e la lasciò sola con una amarezza e una tristezza infinita.
Ma come faceva a dire che l’avrebbe fatta soffrire, perché si ostinava in
questo atteggiamento. Ma poco alla volta la rabbia ebbe il sopravvento e con
tutte le sue forze decise che gli avrebbe dimostrato che non valeva così poco
come lui credeva.
Per non pensare a lui si buttò a capofitto sul
suo lavoro gli orari non erano mai gli stessi gli poteva capitare di essere
chiamata in qualsiasi momento per occuparsi della salute dei piccoli animali
domestici; effettuare
controlli igienico-sanitari degli allevamenti. A volte veniva chiamata nel
parco naturali dalle Guardie forestali per accudire qualche piccolo animale che
si era infortunato.
Molto spesso si recavano da lei che prescriveva
i farmaci da somministrare agli animali in ragione di determinate patologie;
effettuava controlli sugli alimenti di origine animale. Erano tante le
richieste che riceveva che non si annoiava per niente.
Il momento che più l’angosciava era quando
finiva di lavorare immancabilmente la sua mente iniziava a vagare sempre nella
stessa direzione sul letto, un solo pensiero schiacciava Alva, la gettava,
dilaniava, contro il fondo di se stessa; mai più l’avrebbe avuto accanto in un
tumulto di sentimenti. Quella certezza la penetrava e la stroncava; lama
avvelenata le squarciava il petto, le imputridiva il cuore, cancellando il suo desiderio
di sopravvivere, la sua gioventù avida di vita. Solo il desiderio la sosteneva.
Perché lo aspettava se era inutile? Perché il desiderio divampava come una
fiamma, un fuoco che la divorava nell’intimo, che la manteneva in vita.
Ma il suo corpo non si rassegnava e lo
reclamava. Bisognava mettere un freno a questo morire giorno per giorno e ogni
volta un po’ di più. Il suo corpo tuttavia non si rassegnava e lo esigeva,
pieno di disperazione.
Tomas
affascinante con i capelli ricci scuri,
occhi neri profondi e un sorriso canzonatorio. Voleva averlo lì, gemere
impudica, venir meno sotto i suoi baci. Ma, ah, bisognava reagire e vivere.
Fu alla festa di Capodanno che lo rivide dopo
settimane che non lo incrociava per il paese. Alva non voleva andare alla
festa; un po’ perché era molto stanca perché quegli ultimi giorni prima della
fine dell’anno erano stati molto frenetici e poi perché non era molto in vena
di divertimenti, ma dopo ripetute insistenze si era fatta convincere da Ema ad
andare alla festa.
Aveva indossato un abito carina, dopo che
durante tutto l’anno portava solo pantaloni camicie ampie e stivaloni molto
pratici, si sentiva molto femminile. La festa si stava animando e i
partecipando si stavano scaldando buttandosi nella mischia a ballare, anche
Alva trasportata dalla musica si era buttata nella mischia. Mentre ballava vide
un tipo che non conosceva che la fissava insistentemente. Lei naturalmente non
aveva voglia di socializzare quindi non diede retta ai sorrisi che questi le
lanciava, anzi cercò di spostarsi per cercare i suoi amici. Trovò Pablo e si
mise a ballare accanto a lui.
La temperatura nella sala stava crescendo e la
voglia di bere aumentava, Alva, aveva toccato solo del succo non sentiva la
necessità di bere anche se una bella sbronza le avrebbe fatto bene per
dimenticare un po’ la sua angoscia.
Stanca di ballare decise di uscire fuori sulla
terrazza per una boccata d’aria, c’erano altre persone, qualche coppietta che
cercava un po’ di intimità: Alva si spostò su un lato e non si accorse che il
tizio di prima l’aveva seguita. Notò che era un po’ brillo perché mentre le andava
incontro traballava sulle gambe.
Si avvicinò ad Alva e la salutò dicendole: “Ciao
bellezza che fai tutta sola?” Alva si scostò dall’uomo perché l’odore di alcol
le dava fastidio. Il tizio invece le si avvicinò ancora e cercò di
abbracciarla. Alma sorpresa da tanta sfacciataggine lo scostò in malo modo
dicendogli: “Ma cosa fai, toglimi le mani di dosso” Lui sempre più sfrontato
cercò ancora di abbracciarla e disse: “Non fare tanto la schizzinosa. Sei
venuta qui per cercare compagnia” Alva al colmo della rabbia cercò di
divincolarsi ma il tizio era molto forte e le impediva di allontanarsi. Alva
cercò di urlare, ma non riuscì a farsi sentire e a quel punto inizio ad aver
paura, lottava con tutte le sue forze quando si accorse che il tizio venne
scaraventato a terra da un pugno che si rese conte più tardi era stato mollato
da Tomas che come per magia si era materializzato davanti a lui.
Alva appena lo vide disse: “Tomas!” Lui con il
volto truce, la prese violentemente per un braccio e la trascinò giù per le
scale e fuori dalla sala lontano da tutti. Quando arrivò vicino alla sua auto
le disse irato: “Potresti scegliere in modo più attento i tuoi corteggiatori.”
Lei stupita dal tono della sua accuse e arrabbiata per il modo in cui l’aveva
trascinata lontano le rispose irata: “Non l’ho scelto io, mi ha seguito.”
Aggiunse ancora: “Ti ringrazio per avermi
aiutato ma non hai nessun diritto di apostrofarmi con questo tono.”
Lui la guardò attentamente e si accorse che Alva
stava tremando come una foglia. Le si avvicinò e la prese tra le braccia
stringendola a se, Alva si abbandonò a quell’abbraccio e sollevando il viso
cercò la sua bocca: “Ahi, Tomas, oh!” e
non disse di più nulla, labbra lingua e lacrime masticate dalla bocca vorace ed
esperta di lui.