Questo romanzo può essere paragonato ad un quadro naif: pieno
di colore, che raffigura un mercato con gente che compra, con merce esposta,
profumi di spezie, rumori di gente che parla che contratta che guarda
curiosa…….tanta gente che si sposta con bei vestiti colorati, che parla a voce
alta con il loro accento particolare. I protagonisti sono tre: Donna Flor, il suo primo marito Vadinho,
e il suo secondo marito il dott. Teodoro. Attorno a loro ruotano tanti
personaggi descritti magistralmente dall’autore.
(pag556)...Un amore così grande che resiste
oltre la mia vita disastrosa, così grande, che, dopo di non essere, sono
tornato ad esistere, e sono qua. Per darti gioia, sofferenza e godimento, sono
qui. Ma non per restarti accanto, essere la tua compagnia [...]per questo no,
amore mio. Questo è compito del mio nobile collega di letto.....e migliore di
lui non ne troverai...io sono il marito della povera dona Flor, colui che viene
a risvegliare la tua ansia, a mordere il tuo desiderio, nascosti nel fondo del
tuo essere, dietro al tuo ritegno...lui si occupa della tua virtù, del tuo
onore, del tuo rispetto...lui è il tuo volto mattutino, io sono la tua notte,
l' amante di fronte al quale non hai né possibilità di fuga, né forza. Siamo i
tuoi due mariti, i tuoi due volti, il tuo sì e la tua negazione. Per essere
felice hai bisogno di tutti e due. Quando eri sola con me, avevi il mio amore
ma ti mancava tutto, e quanto soffrivi! Poi avesti solo lui: avevi tutto, non
ti mancava nulla, e soffrivi ancora di più. Ora, si, sei dona Flor intera, come
devi essere......(
Il romanzo è una
divagazione di cucina baiana, ricavata dalle ricette o dalle lezioni della
protagonista, che per mantenersi fa la maestra di cucina. Ambientato nella
capitale dello stato di Bahia, nei primi anni ’60, il libro è un affresco della
vivace vita dei quartieri popolari baiani. Inizia con la morte di Vadinho,
allegro e scapestrato giocatore che si accascia improvvisamente, ballando per
la strada a carnevale, e lascia vedova Flor, moglie innamoratissima ma in
continua tribolazione per la vita sregolata del marito. Nella prima parte è
raccontata in flash back la storia dell'amore fra Flor e Vadinho, fra
tradimenti, fughe e dissipatezze di lui, alternati con rari momenti di fortuna
e splendore.
Nella
seconda parte viene rappresentato il ritorno ad una vita pacata ed ordinata
della vedova ma anche il crescendo di nostalgia per gli amplessi appassionati
del marito, carenza di cui Flor, pudica e morigerata, si vergogna moltissimo e
di cui soffre in silenzio. Nello stesso tempo è corteggiata da un pretendente,
un farmacista pacato e religioso. I due finiscono per sposarsi. Ma, benché
innamoratissimo e pieno di premure, dal punto di vista sessuale il nuovo marito
non soddisfa del tutto Dona Flor, che sempre più rimpiange Vadinho.
Nella
terza parte, gli eventi si ribaltano e prendono un andamento fantastico,
quando lo spirito di Vadinho ritorna sulla terra e incomincia a stuzzicare Dona
Flor. Solamente lei vede Vadinho, che quando sta con Dona Flor sembra essere
capace di realizzare le stesse cose che faceva a letto quando era vivo. Dona
Flor esita, se rimanere fedele al suo nuovo marito o cedere allo spirito del
primo.
Spesso in
Jorge Amado il tessuto del romanzo è corale, ricco di personaggi secondari
coloriti, ma in questo caso tale qualità raggiunge il massimo grado per
l'ambiente in cui vive Flor, un quartiere piccolo-borghese dove un vero e
proprio coro di comari sorveglia, commenta e propala ai quattro venti ogni
minima vicenda della vita dei vicini.
Con pochi tratti felici l'autore dà vita a tutta una galleria di
personaggi secondari:
Dona Norma, materna amica, confidente e protettrice di Flor, nel
suo modo di essere e di agire non esisteva la benchè minima sfumatura di
artificio; si sentiva un po’ responsabile di tutti, era la provvidenza del
quartiere: una specie di pronto soccorso del vicinato. Da ogni parte correvano
a battere alla sua porta.
Zè Sampaio marito di Donna Norma che aveva in orrore gli
impegni sociali di qualsiasi specie, ma particolarmente le cerimonie funebri,
veglie, cimiteri, messe di suffragio il che spingeva dona Norma a gridargli:
“Quando muori tu, Sampaio, non ci sarà un cane neppure per portare la
bara….Sarà una vergogna.”
Dona Gisa, la yankee innamorata del Brasile dove si mantiene
insegnando inglese e tenta invano di predicare ai retrogradi abitanti di
Salvador una libertà sessuale che lei stessa non mette in pratica,
Dona Rozilda la pestifera e ambiziosa madre di Flor, autrice di
scenate epiche contro Vadinho, “Quella non è una donna è un mercoledì delle
ceneri, stermina il buon umore di chiunque”. Parole del genero Morais il
meccanico che risiedeva già da vari anni in un sobborgo di Rio de Janeiro. Si
rifiutava di rimettere piede a Bahia, fosse pure in visita, finchè quella
megera appestasse i luoghi. Donna Rozilda abitava col figlio sposato impiegato
delle Ferrovie, amareggiando la vita della nuora, schiava al suo dittatoriale
comando.
Dona Magnolia, venere di periferia che tenta invano di sedurre
l'integerrimo farmacista, il languido "Principe" abile truffatore
specializzato in vedove, la giovane e romantica Marilda dalla voce d'usignolo,
che sogna di cantare alla radio; e poi tutte le allieve di Flor, i compagni di
bagordi di Vadinho, la società benpensante e pretenziosa in cui Flor viene
introdotta dalla sua seconda unione.
Presentato al
Festival di Taormina del 1977, il film tratto dal romanzo è intanto
divenuto il campione assoluto degli incassi in Brasile. Con l’occhio agli
aspetti più corrivi e pittoreschi della vicenda, l’ha diretto un regista poco
più che ventenne, Bruno Barreto, figlio di un produttore e famoso per aver
realizzato il suo primo cortometraggio a 11 anni. Naturalmente i cineasti di
ciò che rimane del Cinema Novo non amano Barreto e considerano Donna
Flor e i suoi due mariti un’operazione commerciale a rimorchio della
commedia all’italiana. È innegabile che il film rappresenta una versione
riduttiva del testo d’origine (e forse era inevitabile, considerata anche la
mole del romanzo: oltre 500 pagine), ma diremmo che il regista è riuscito a far
vivere un quadro brasiliano magico e colorito. Fra le miserie delle favelas e
la frenesia perpetua del carnevale, c’è una repressione secolare che lascia
intravedere le sue ferite: e la risposta che offre il film, soprattutto
attraverso l’immagine palpitante della bella protagonista Sonia Braga, è
improntata a un vitalismo ironico e sfrontato.
Tullio Kezich, Il
nuovissimo Mille film. Cinque anni al cinema 1977-1982, Oscar MondadoriIl giovane
Bruno Barreto (classe 1955) sceglie il noto romanzo (1966) di Jorge Amado per il
proprio esordio nel lungometraggio e sbanca il botteghino brasiliano adottando il
punto di vista "godereccio", sboccato e colorito del personaggio di Vadinho: amando
François Truffaut (cioè L’Uomo Che Amava Le Donne), aderisce alla
vitalità festosa, anche se egoista, di un “Grande figlio di puttana”, direbbe
Lucio Dalla, che per il gioco e le donnacce trascura la moglie. Di riflesso,
anche Barreto trascura la figura femminile ma, in questa sua sapida (se non
estrosa), colorita, piccante, fortemente carnale "pietanza" (non a
caso indugia sulla preparazione di alcune specialità culinarie), il regista
(con Amado) insegna che la felicità non ha regole, che l'amore cieco basta a se
stesso e diventa insindacabile nel momento in cui una moglie s'accorge che
l'essere succubi del temperamento focoso di un uomo è molto meno noioso di una
vita esangue accanto ad un compagno ricco e premuroso. La seconda parte vira
decisamente nel territorio della commedia (scollacciata) all'italiana, con quel
suo fare farsesco e satirico, fustigatore della morale corrente (con il ménage
à trois, i desideri repressi di una moglie), che non disdegna le capatine nel
fantastico (e nell'esoterico, dato che siamo in Brasile, “Il paese del
Carnevale”, nel cui folklore tutto è possibile). Magnifica Sonia Braga, regina
delle telenovelas che l’anno prima aveva già interpretato la Gabriela di Amado
per il piccolo schermo. Musiche di Chico Buarque de Hollanda.
Qual è l’ideale di uomo che ha la
prerogativa di rendere felice una donna? L’uomo ardente e passionale, istintivo
e selvaggio incline però, per natura, al tradimento e ai vizi, oppure l’uomo
equilibrato e fedele, stimato e serio ma che, proprio a causa di queste
caratteristiche, risulti noioso e fin troppo misurato?
Dona Flor si ritrova più volte a
riflettere su queste considerazioni, avvertendo il conflitto interiore tra le
bramosie del corpo e la razionalità della mente, così come tra i suoi più
intimi e personali desideri e l’influenza dei giudizi altrui, che fungono da
eco collettivo alle vicende della sua esistenza.
Magnifico affresco di vita
sudamericana del secolo scorso, colorato e vaporoso, surreale e magico, condito
di credenze pagane e sensualità genuine. Dalla narrazione corale di Amado,
arrivano al lettore gli odori speziati della cucina brasiliana, la sublime
leggerezza dell’indole del sud, chiassosa e goduriosa, nonché le sobrie
atmosfere borghesi di altri tempi, a far da contrappeso ad un mondo variopinto
e popolare che colora le vie di Bahia, e le sue animose creature.
In tutto questo bailamme di pettegolezzi, riflessioni ardite e deliziose virtù
culinarie, Dona Flor scoprirà alla fine l’armonia perfetta, consegnandoci la
risposta giusta. Perchè Flor è una donna vera, buona di quella bontà che scalda
il sud del mondo e ricca di quella saggezza tutta femminile che conquista nel
profondo, facendoci gioire e commuovere per le sue stesse adorabili, vitali
conflittualità.
Il Candomblé
è una religione afrobrasiliana praticata prevalentemente in Brasile ma anche in
stati vicini come l'Uruguay, il Paraguay, l'Argentina e il Venezuea. Mescolanza
di riti indigeni e credenze africane, questa religione consiste nel culto degli
Orixa, divinità di origine totemica e familiare, associati ciascuno ad un
elemento naturale, e si basa sulla fede in un'anima propria della natura.
Questa
religione è giunta in Brasile dall'Africa, portata da sacerdoti africani e
fedeli che erano stati deportati come schiavi. Viene chiamato anche Batuque,
specialmente dopo il diciannovesimo secolo, quando il Candomblé si è diffuso
maggiormente. Entrambe le parole derivano da lingue della famiglia Bantu. In
particolare la parola Candomblé sembra significare “danze di negri”, ed
è anche il nome di un antico strumento.
Diffusione
Benché originariamente la sua diffusione
fosse limitata alla popolazione in schiavitù, fosse bandito dalla Chiesa
cattolica, e perfino criminalizzato da alcuni governi, il Candomblé è
sopravvissuto per secoli, e si è diffuso considerevolmente dopo la fine della
schiavitù nel XIX secolo. Ora è una religione ampiamente diffusa, con seguaci
appartenenti a tutte le classi sociali, e decine di migliaia di templi, o terreiros.
Durante un recente censimento, circa due milioni di Brasiliani (1,5 %
della popolazione) si sono detti seguaci del Candomblé. Nella cultura
brasiliana le religioni non sono avvertite reciprocamente esclusive, e pertanto
molte persone che praticano abitualmente altre confessioni partecipano a
rituali del Candomblé, anche regolarmente; le divinità, i riti, e le festività
del Candomblé sono ora parte integrante del folklore brasiliano.
Storia
La nascita e lo sviluppo istituzionalizzati
di questa religione in Brasile sono abbastanza recenti. Il Candomblé si
sviluppò in Brasile dalle conoscenze dei sacerdoti e delle sacerdotesse
africani giunti nel Nuovo Mondo come schiavi nel periodo che va dal 1549 al 1888.
In questo periodo i missionari cattolici convertirono in massa gli schiavi, i
quali tuttavia mantennero sotterraneamente vive le loro tradizioni religiose.
Fu in questo periodo che il culto degli Orixas venne associato a quello dei santi
cattolici, per cui ancora oggi a ciascuna delle divinità del Candomblé
corrisponde una figura del culto cristiano: ad esempio ad Oxala, dio della
creatività e figlio della divinità suprema Olorum corrisponde Gesù, e a Omolu o
Obaluiae, dio guaritore delle epidemie, corrisponde San Lazzaro. Durante il
periodo finale della tratta degli schiavi (ultima decade del XIX secolo), gli
schiavi portati in Brasile dai portoghesi si trasferirono nelle città, dove
aumentarono notevolmente le loro possibilità di aggregazione, confronto e
scambio, anche fra diverse etnie (un contatto impossibile nelle fazendas,
in cui gli schiavi di diversa provenienza erano spesso suddivisi in diverse senzala).
Allo stesso tempo, gli ex-schiavi si ritrovarono liberi dall'imposizione del cattolicesimo.
Sulla base di questi nuovi stimoli, si formarono nuovi gruppi di culti, spesso
organizzati in irmandades ("confraternite").
A Salvador
di Bahia, definita da Roger Bastide la “Roma Nera”, a causa del
grandissimo numero di schiavi deportati nell'ultimo periodo della tratta, nacque
il Candomblé, la religione afro-americana che più si è mantenuta fedele alla
matrice d'origine, reinventata e riformulata in Brasile dagli schiavi.
Oggi il
governo brasiliano riconosce e protegge il Candomblé e sovvenziona certi
terreiros, specie a Salvador da Bahia.
Il Candomblé
ha avuto un enorme sviluppo negli ultimi dieci anni, infatti, oltre al Brasile,
sta colonizzando altri stati nel mondo come nel Portogallo a Lisbona, come in
Francia a Parigi, come in Inghilterra a Londra, come anche in Italia a Milano,
dove si pratica il Candomblé esattamente come nel Brasile.
Cosmo e
Divinità
Nonostante ci sia un pantheon di divinità
numeroso, il Candomblé non è propriamente una religione politeista; esiste un
principio primo (chiamato Olorun dalla nazione Ketu, Zambi o Zambiapongo dalla
nazione Bantu, Mawu dalla nazione Jeje), da cui provengono gli Orixa (divinità)
a cui ha delegato il suo potere. La maggior parte dei brasiliani lo identifica
con il dio cristiano. Il Candomblé cerca un rapporto armonioso fra tutte le
parti che compongono l'essere umano, il cosmo e la società mettendo in
equilibrio tutti questi aspetti. L'universo sacro è reale ed i fedeli
partecipano al mondo invisibile, questo mondo sacro esiste, si può sentire e
entrarci in comunicazione. Generalmente chi pratica ha nei confronti del
Candomblé una profonda fede nelle energie superiori della natura. Ogni
persona è un frammento della divinità dalla quale ha ereditato le
caratteristiche fisiche, psichiche ed energetiche.
La
continuità e l'equilibrio con l'universo sacro e la natura si acquisiscono
attraverso la riposizione di una forza magico-sacra che fluisce in tutte le
cose, piante, animali, esseri umani, chiamata axé. L'axé può diminuire,
aumentare ed essere distribuito attraverso dei riti che hanno la finalità di
portare equilibrio e benessere alla comunità o all'individuo con il cosmo, la
natura e le persone. Il fondamento del Candomblé è la vita vissuta bene ed ora.
Gli Orixa
Gli adepti
al Candomblé credono negli Orixa. Questi sono delle divinità che possiedono una
propria personalità e ciascuno di loro è associato ad un fenomeno naturale
specifico e a certi colori. Nei loro miti vengono raccontati una grande
quantità di insegnamenti mistici connessi all'elemento naturale caratteristico
del particolare Orixa, Ciascuno degli elementi della natura ha delle
sotto-categorie (es: acqua, c'è l'acqua dolce ed acqua salata).
L'Orixa,
detto anche santo, per il passato processo sincretistico con i santi
cattolici, si impossessa del credente e si serve di lui come strumento per
comunicare con i mortali. Tra gli adepti al Candomblé è diffusissima la
credenza secondo la quale ogni persona possiede una divinità protettrice
chiamata orixà de cabeça o Orixa de frente, che fa assumere involontariamente
al suo protetto, filhos o filhas, tutte le sue caratteristiche, positive e
negative. Gli Orixa ascoltano le richieste, danno consigli, concedono la
grazia, danno la cura alle malattie e consolano nel momento del bisogno. Il
mondo celeste non è distante, né superiore e il credente può conversare
direttamente con la divinità e chiederne i benefici.
In totale,
il Candomblé rende omaggio ad un centinaio di divinità; tuttavia solo una
dozzina di esse sono onorate nella maggior parte dei terreiros di grandi città
come Salvador da Bahia o Rio de Janero, Ciascun Orixa ha una propria
personalità, e un proprio sistema cultuale, che può cambiare non solo da
nazione a nazione ma anche da terreiro a terreiro anche se esiste una linea di
domini e particolarità riconosciute e note a tutti.
D'altro
canto, Orixas con caratteristiche simili possono essere considerati come
distinti; ad esempio Kabila della nazione Bantu, Oxóssi della nazione Ketu e Otulu
della nazione Jejé sono tutti cacciatori e hanno gli stessi colori simbolici,
ma non vengono identificati.
Esistono poi
oltre agli Orixa due importanti personaggi indipendenti al mondo degli Orixa ma
con il quale interagiscono, sono l'oracolo Ifà e il messaggero Exù. Questi sono
altre due elementi costanti riscontrabili nei culti afro-americani. Ifà lavora
per portare agli uomini le parole degli Orixas ed è situato in posizione
superiore ad Exù, il cui compito è quello di trasmettere ai santi i desideri
degli uomini. Ifà oggi è ricordato solamente per le più modeste mansioni di
oracolo.