Questi quindi racconti furono presentati per la prima volta con lo pseudonimo di Damiano Malabella: essi ci invitano a trasferirci in un futuro sempre più sospinto dalla molla frenetica del progresso tecnologico, e quindi teatro di esperimenti inquietanti utopistici, in cui agiscono macchine straordinarie e imprevedibili.
"Parlare dei miei racconti mi mette in un certo imbarazzo; ma forse la stessa descrizione d analisi di questo imbarazzo potrà servire a rispondere alle sue domande.
Ho scritto una ventina di racconti e non so se ne scriverò altri. Li ho scritti perlopiù di getto, cercando di dare forma narrativa ad una intuizione puntiforme, cercando di raccontare in altri termini (se sono simbolici lo sono inconsapevolmente) una intuizione oggi non rara: la percezione di una smagliatura nel mondo in cui viviamo, di una falla piccola o grossa, di un "vizio di forma" che vanifica uno od un altro aspetto della nostra civiltà o del nostro universo morale. Certo, nell'atto in cui li scrivo provo un vago senso di colpevolezza, come di chi commette consapevolmente una piccola trasgressione.
Quale trasgressione? Vediamo. Forse è questa: chi ha coscienza di un "vizio", di qualcosa che non va, dovrebbe approfondirne l'esame e lo studio, dedicarsi, magari con sofferenza e con errori, e non liberarsene scrivendo un racconto. O forse ancora: io sono entrato nel mondo dello scrivere con due libri sui campi di concentramento, non sta a me giudicarne il valore, ma erano senza dubbio libri seri, dedicati ad un pubblico serio. Proporre a questo pubblico un volume di racconti scherzo, di trappole morali, magari divertenti ma distaccate, fredde: non è questa frode in commercio come chi vendesse vino nelle bottiglie dell'olio? Sono domande che mi sono posto, all'atto dello scrivere e del pubblicare queste "storie naturali". Ebbene, le pubblicherei se non mi fossi accorto (non subito, per verità) che fra i Lager e queste invenzioni una continuità, un ponte esiste; il Lager, per me, è stato il più grosso dei "vizi", degli stravolgimenti di cui dicevo prima, il più minaccioso dei mostri generati dal sonno della ragione".
"Parlare dei miei racconti mi mette in un certo imbarazzo; ma forse la stessa descrizione d analisi di questo imbarazzo potrà servire a rispondere alle sue domande.
Ho scritto una ventina di racconti e non so se ne scriverò altri. Li ho scritti perlopiù di getto, cercando di dare forma narrativa ad una intuizione puntiforme, cercando di raccontare in altri termini (se sono simbolici lo sono inconsapevolmente) una intuizione oggi non rara: la percezione di una smagliatura nel mondo in cui viviamo, di una falla piccola o grossa, di un "vizio di forma" che vanifica uno od un altro aspetto della nostra civiltà o del nostro universo morale. Certo, nell'atto in cui li scrivo provo un vago senso di colpevolezza, come di chi commette consapevolmente una piccola trasgressione.
Quale trasgressione? Vediamo. Forse è questa: chi ha coscienza di un "vizio", di qualcosa che non va, dovrebbe approfondirne l'esame e lo studio, dedicarsi, magari con sofferenza e con errori, e non liberarsene scrivendo un racconto. O forse ancora: io sono entrato nel mondo dello scrivere con due libri sui campi di concentramento, non sta a me giudicarne il valore, ma erano senza dubbio libri seri, dedicati ad un pubblico serio. Proporre a questo pubblico un volume di racconti scherzo, di trappole morali, magari divertenti ma distaccate, fredde: non è questa frode in commercio come chi vendesse vino nelle bottiglie dell'olio? Sono domande che mi sono posto, all'atto dello scrivere e del pubblicare queste "storie naturali". Ebbene, le pubblicherei se non mi fossi accorto (non subito, per verità) che fra i Lager e queste invenzioni una continuità, un ponte esiste; il Lager, per me, è stato il più grosso dei "vizi", degli stravolgimenti di cui dicevo prima, il più minaccioso dei mostri generati dal sonno della ragione".
L'ordine a buon mercato
.....Ma il signor Simpson non è facile da smontare. - A riprodurre una superficie, mi perdoni, sono capaci tutti.Questo non riproduce solo la superficie, ma anche in profondità -; ed aggiunse, con aria educatamente offesa: - il Mimete è un vero duplicatore -. Cavò dalla borsa, con cautela, due fogli ciclostilati, con l'intestazione a colori, e li depose sul tavolo. - Qual è l'originale?
Li osservai con attenzione: si, erano uguali, ma non lo erano altrettanto due copie dello stesso giornale, o due diapositive della stessa negativa?
- No, guardi meglio. Vede, per questo materiale dimostrativo abbiamo scelto deliberatamente una carta grossolana, con molti corpi estranei nell'impasto. Inoltre, quest'angolo qui lo abbiamo lacerato apposta, prima della duplicazione. Prenda la lente e osservi con calma. Non ho nessuna fretta: questo pomeriggio è dedicato a lei.
In un punto di una copia c'era una pagliuzza, e accanto un bruscolo giallo; nella stessa posizione della seconda copia c'era una pagliuzza e un bruscolo giallo. Le due lacerazioni erano identiche, fino all'ultimo peluzzo distinguibile alla lente. La mia diffidenza si andava mutando in curiosità.
....Il Mimete, insieme con 50 libbre di pabulum, mi fu consegnato due mesi dopo. Natale era vicino; la mia famiglia era in montagna, ero rimasto solo in città, e mi dedicai intensamente allo studio e al lavoro. Per cominciare mi lessi più volte con attenzione le istruzioni di impiego, fino a saperle quasi a memoria; poi presi il primo oggetto che mi cadde sottomano (era un comune dado da gioco) e mi accinsi a riprodurlo. Lo misi nella cella, portai l'apparecchio alla temperatura prescritta, aprii la valvola tarata del pabulum, e mi posi in attesa......Dopo un'ora, aprii la cella: conteneva un dado esattamente identico al modello, sia nella forma, sia nel colore, sia nel peso.
Ero soddisfatto della prova preliminare. Il giorno seguente comprai un piccolo brillante, e ne feci una riproduzione, che riuscì perfettamente.
Il giorno dopo duplicai senza difficoltà una zolletta di zucchero, un fazzoletto, un orario ferroviario, un mazzo di carte da gioco. Il terzo giorno provai con un uovo sodo...
Il quinto giorno andai in soffitta, e cercai finchè trovai un ragno vivo. Era certamente impossibile riprodurre con precisione oggetti in movimento: perciò tenni il ragno al freddo sul balcone finchè fu intorpidito. Poi lo introdussi nel Mimete; dopo un'ora ne ottenni una replica impeccabile. Contrassegnai l'originale con una goccia di inchiostro, misi i due gemelli in un vaso di vetro, poi questo sul termosifone, e mi posi in attesa. Dopo mezz'ora i due ragni iniziarono simultaneamente a muoversi, e subito presero a lottare. Erano di forza e abilità identiche, e lottarono
Il sesto giorno smurai pietra per pietra il muretto del giardino, e trovai una lucertola in letargo. Il suo doppio era esteriormente normale, ma quando lo riportai a temperatura ambiente notai che si muoveva con grande difficoltà. Morì in poche ore, e potei constatare che il suo scheletro era assai debole
"Levi aveva già pensato alla macchina 3D"