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domenica 23 novembre 2014

Nel cerchio magico 2


Quando uscivano dall’acqua prima di sdraiarsi ad asciugarsi passavano sotto la doccia e in quel momento le mani di Tomas l’accarezzavano senza ritegno Alva lo bloccava e si allontanava da lui.
Quando era ora di ritornare a casa piegavano gli asciugamani, prendevano le loro cose e mentre le avvicinava il pareo per aiutarla ad indossarlo lui si avvicinava al suo orecchio e mentre si chinava per dirle che era molto bella con le labbra le mordeva e lambiva l’orecchio provocandole dei brividi umidi e sospiri di piacere.
Alva non sapeva cosa pensare di tutte queste avances, questi ripetuti attacchi di Tomas per vincere la sua resistenza, il suo pudore la disorientavano. Il suo corpo fremeva a quelle carezze, era avido per inclinazione, riservato per pudore.
Quell’ultima sera forse il vestito che indossava era particolarmente carino, lui era molto galante, forse una birra in più fatto sta che mano nella mano si erano appartati dagli altri, scesero sulla spiaggia buia attratti dall’oscurità della notte. La serata era magica e Alva si sentiva molto eccitata. Camminavano e ad un certo punto Alva mise il piede male e stava per cadere ma prontamente Tomas la strinse a sé abbracciandola dal di dietro, premendole i seni e baciandole rapido la nuca. Lei poi con un brivido sentì la mano carezzevole che saliva sotto il vestito, bruciandole le cosce e le anche.

Ma con un rapido gesto si allontanò da lui perché sapeva che se fosse rimasta lì accanto a lui anche solo un istante non sarebbe più riuscita a controllarsi, sorpresa della reazione del suo corpo a quelle carezze. Senza pensarci alzo la mano e lo schiaffeggio.
Lui ci rimase molto male: portò la mano alla guancia, la guardò e sussurrò con astio: “La principessa non vuole essere baciata?” Alva rispose tutta agitata per le sensazioni che aveva provato e rispose: “Non mi stavi solo baciando”. Lui ironico rispose: “Non mi pareva ti desse tanto fastidio”. Lei rispose piccata: “Ti sbagli”. Allora in tono ironico ribatté: “Scusa. Mi sono sbagliato”.
Ormai la serata era rovinata, nessuno dei due parlò per un bel pezzo mentre rientravano all’appartamento. Quando arrivarono in vista della casa lui la salutò e montò in macchina e sparì nel buio della notte. Alva rimase sola a ricordare al buio la sensazione eccitante che aveva provato in quell’attimo tra le sue braccia.
Aveva scambiato qualche bacio con qualche ragazzo, collega di studi ma erano niente in confronto a quelli di Tomas. Ogni volta che ci ripensava aveva un brivido intenso che la stordiva.
Anche quella sera la sua vicinanza era stata così piacevole, la sensazione che aveva provato così forte che non riusciva a non pensare a quella sera di circa tre anni fa.
Maledizione, ora i ragazzi parlavano di una vedovella che andava a trovare ogni sera. Un uomo sano e vigoroso come lui aveva certe esigenze. Alva immaginava che non viveva come un monaco, sicuramente la signora le riscaldava il letto e soddisfaceva le sue richieste.
Cercò di non pensare a Tomas ma se lo immaginava mentre stringeva la vedovella tra le sue braccia, la baciava, la accarezzava come sarebbe piaciuto essere baciata e accarezzata lei.
Ad una certa ora fecero ritorno a casa  e si sforzo di non pensarci più, lei ora doveva pensare a riposarsi e poi doveva pensare al suo lavoro e nulla più.
Passò un po’ di tempo prima di rivedere Tomas, capitò a casa sua una mattina perché cercava suo padre per affari. Alva quella mattina aveva deciso di lavare la macchina e aveva indossato un paio di pantaloncini corti e una camicia che aveva legato in vita per comodità.
Quando arrivò Tomas la vide in quella tenuta e quando scese dalla macchina iniziò a fissarla con insistenza, le si avvicinò e le chiese con voce roca: “Ti serve una mano?” Alva si chinò per prendere la spugna dal catino senza rendersi conto che così facendo dalla scollatura metteva in bella vista il seno che spuntava dalla camicetta. Tomas ironico aggiunse: “Un po’ più in giù prego” Alva rendendosi conto a cosa stava facendo riferimento si tirò su di colpo e gli lancio la spugna bagnata in faccio urlandogli: “Sporcaccione”
Tomas le si avvicinò e con la mano che le scendeva giù per la nuca e per lo scollo della camicetta, in cammino verso i seni la immobilizzò e iniziò a baciarla sempre più esigente vincendo la sua resistenza. Non poteva lasciarlo fare lo desiderava ma non voleva cedergli.
Ad un certo punto tra un bacio e l’altro si divincolò e stava per alzare una mano ma lui la blocco: “Non hai perso l’abitudine di schiaffeggiare i tuoi ammiratori.” Le bloccò le mani dietro alla schiena e le catturò nuovamente le labbra e la baciò con una passione travolgente, poi la lasciò andare bruscamente. Stava per cadere  se non ci fosse stato lui rapido a sostenerla stringendola ancora a se.
La lasciò e con tono scostante le disse: “Di a tuo padre che l’ho cercato” poi come nulla fosse montò in macchina e se ne andò.
Alva rimase bloccata per un bel pezzo, sentiva ancora il calore delle sue labbra e le carezze delle sue manie su tutto il suo corpo.
Era sconvolta, incapace di muoversi. Non riusciva a calmarsi si sentiva il cuore in gola e il respiro era affannoso. Si appoggiò alla macchina e quando si sentì più salda sulle gambe si incamminò verso casa stordita. Andò in camera sue e si diresse verso la doccia e dopo aver lasciato i vestiti sul pavimento lasciò scendere l’acqua sul suo corpo incapace di reagire. Miscelò l’acqua in modo che scendesse solo acqua fredda e quella sferzata di acqua sul suo corpo la riportò alla realtà e riprese a pensare normalmente.
Così non andava bene. Tomas la desidera era evidente, i suoi sguardi lo dicevano, la sua voce , le sue carezze, ma non capiva poi perché dopo quei loro abbracci travolgenti lui scomparisse dalla circolazione e la evitasse. Molto probabilmente non voleva farsi vedere con lei. Temeva la gelosia della vedova o era solo attratto da lei?
Passò diverso tempo prima che potesse rivederlo, e la sensazione che lui non si fermasse negli stessi luoghi che lei solitamente frequentava le confermava la sua teoria. Le capitò un paio di volte che era all’emporio a fare le commissioni per suo padre e vide la macchina di Tomas passare, ma quando lui si accorse che il suo gippone era parcheggiato nei pressi invece di fermarsi tirò dritto.
Alva era molto contrariata, ma non poteva farci nulla, Un giorno però suo padre le chiese: “E’ un pezzo che non vedo Tomas, lo hai visto recentemente?” Alva gli rispose: “No! Sto andando dal dott. Salazar se vuoi visto che sono di strada passo da lui e gli dico che lo cerchi.”
Naturalmente aveva voglia di rivederlo ed era curiosa di capire come avrebbe agito vedendosela davanti. Arrivò da Tomas che abitava a circa quattro km da casa sua e 8 dal paese. Aveva una bella casa con un giardino molto ben curato. Parcheggiò davanti alla veranda e lo chiamò. Non vide nessuno. Fece il giro della casa e lo trovò dietro che sistemava la legna.
Era a torso nudo e appena si accorse di lei le disse in tono duro: “Cosa ci fai qui?” Si vedeva chiaramente che era irritato di vederla lì. Alva senza scomporsi gli disse: “Mio padre ha bisogno di parlarti, mister gentilezza!” Lui la guardò in modo torvo e rispose: “Adesso che hai fatto la tua ambasciata puoi anche andartene.”
Alva per nulla impressionata continuò: “Oh! E la famosa ospitalità che fine ha fatto signor Tomas Farah.” Lui sempre più cupo le rispose: “Ho da fare e non ho tempo da perdere con te.” Lei sorridendo aggiunse:  “Che tu non abbia tempo da perde con me è evidente, come è evidente che mi stai evitando.”
Lui la guardò senza negare la sua affermazione e aggiunse: “Quando te ne ritorni in città?” Lei scocciata rispose: “Non ritorno in città ho intenzione di rimanere. Qui ho mio padre e le persone a cui voglio bene. Voglio lavorare con il dott. Salazar .”

mercoledì 19 novembre 2014

Nel verchio magico 1


Era ritornata a casa dopo aver trascorso alcuni anni a Huelva per studiare all’università. Era felice di ritornare nel suo paesotto, rivedere suo padre al quale era legata da un profondo affetto, le sue amiche con le quali aveva mantenuto un buon rapporto e che rivedeva quando ritornava a casa durante le vacanze.
Alva lo sapeva nel suo piccolo paese, tutti sapevano tutto di tutti, ma a lei non importava fortunatamente abitavano un po’ fuori e cercavano sempre di farsi gli affari propri.
Era ritornata con una laurea in veterinaria, gli animali le erano sempre piaciuti, ma non era una semplice simpatia era proprio un amore e le sarebbe piaciuto esercitare nel suo paese. A Jabugo c’erano diversi allevatori e a lei, che molto spesso andava a trovare suo zio che aveva una bell’allevamento di maiali, piaceva la vita rude e semplice dell’allevatore e di animali se ne intendeva perché, anche se ragazzina, lo zio la portava spesso con lui insegnandole tante cose pratiche su come trattarli, come seguirli, e prendersi cura di loro.
Suo zio ormai non c’era più ma Alva aveva fatto tesoro di quelle nozioni che aveva appreso trascorrendo le sue estati con lui e aveva intenzione di mettere a frutto tutto quello che aveva imparato.
Ora aveva bisogno di prendersi qualche giorno di pausa dopo la laurea e riposarsi anche per pensare esattamente come muoversi.
In paese c’era un vecchio veterinario il dott. Salazar che esercitava da tanto tempo, molto bravo e Alva aveva intenzione di collaborare con lui. La cosa più importante era prima di tutto superare la diffidenza non solo sua ma anche dei futuri clienti. Affidarsi ad una donna era per questi allevatori un po’ difficile e superare questo ostacolo era un’impresa non facile, Alva lo sapeva, ma non era spaventata era determinata e non voleva indietreggiare. Doveva acquisire molto lentamente la loro fiducia e solo dimostrando la sua competenza sarebbe stata in grado di svolgere il suo lavoro.
Non aveva parlato di questo a suo padre, sapeva già che lui avrebbe preferito che andasse a stabilirsi in citta. Era vero avrebbe avuto meno difficoltà, ma lei preferiva tentare se poi avrebbe trovato tanti ostacoli nulla le avrebbe vietato di trasferirsi altrove.
Quella sera aveva appuntamento con le sue amiche nella birreria in piazza per bere con loro e fare quattro chiacchere. Parcheggio il suo vecchio gippone fuori dal locale. Entrò nella vecchia birreria che a quell’ora era già affollata e nel tavolo in fondo alla sala trovò il gruppetto di amici. Si sedette con loro, ordinò una birra piccola e si scambiarono saluti e battute scherzose. Stava parlando con Senalda della festa che stavano organizzando per Capodanno. Ad un certo Alva stava guardando verso la porta quando vide entrare Tomas Farah, era un pezzo che non lo vedeva. Era sempre affascinante come se lo ricordava. Capelli  ricci scuri , occhi neri profondi e un sorriso canzonatorio. Si guardò in giro poi li notò e si diresse verso il loro tavolo, salutò tutti con cordialità poi si accorse di Alva e dopo averla guardata insistentemente negli occhi le sorrise e poco dopo si sedette accanto a lei. Alva inizio a sudare e il cuore inizio a battere così forte che aveva timore che lo sentisse anche Tomas. Lui le faceva sempre questo effetto travolgente. Tomas dopo essersi accomodato sulla panca accanto a lei ordinò una birra e poco dopo le piantò nuovamente gli occhi addosso e le chiese con la sua voce calda e profonda che le dava sempre i brividi: “Ciao Alva come stai è un pezzo che non ti vedo?”
Cercando di mantenersi calma Alva ricambiò lo sguardo e gli rispose senza far tremare la voce: “Ciao Tomas sto bene grazie. Ho finito gli studi e ora ho intenzione di fermarmi un po’ qui a Jabugo.”
Lui sorseggiò la birra senza staccargli gli occhi di dosso e riprese: “Uhu! Bene. Così ci si vede più spesso!” sorrise e Alva sentì che la sua gamba si avvicinava alla sua. La sentiva bene,  forte e muscolosa contro la sua. Fece finta di nulla e non si mosse, lui le sorrideva ancora e non smetteva di guardarla. Alva per rompere quel silenzio imbarazzante gli chiese: “E tu come te la passi Tomas?”
Lui le guardò attentamente il viso e fissò con insistenza la sua bocca e poco dopo come risvegliandosi rispose: “Al solito, tanto lavoro.” Non riusciva a staccare gli occhi da lui sembrava che non ci fosse nessuno oltre a loro persi uno nello sguardo dell’altro.
Poco dopo chiamarono Tomas lui si girò a malincuore e rispose alla domanda che gli avevano rivolto. Rimase ancora un po’ lì con loro poi salutò tutti dicendo che doveva andare.
I ragazzi lo presero in giro dicendogli: “La vedovella ti reclama e Tomas?” lui si schernì e rispose sorridendo: “Sempre i soliti, ho delle cose da fare.” Salutò tutti poi si volse verso Alva e con un sorriso caldo le disse: “Ciao Alva ci vediamo presto.” Le fece l’occhiolino e uscì dal locale.
Alva aveva avuto una breve storia con Tomas qualche estate fa e doveva confessare a se stessa che non lo aveva per nulla dimenticato. Non che si fossero lasciati ma quando ritornava a casa lui l’accoglieva sempre con molto calore ma non aveva più provato a baciarla, anche se a lei sarebbe piaciuto.
Non aveva il ragazzo, anzi a dire il vero non aveva trovato nessuno che riuscisse a farle dimenticare Tomas. Era questa la verità.
Era l’estate di circa tre anni fa. Alva era ritornata come ogni anno verso metà luglio dopo aver dato un esame che le era costato molta fatica ma alla fine era riuscita brillantemente a superarlo.
Ora si era tolto anche quel peso di dosso e aveva voglia di rilassarsi e dimenticare per un po’ di tempo i libri.
Come ogni anno con le amiche programmavano una decina di giorni di mare per togliere quel color bianco cadaverico dalla loro pelle. Si accordò con Linda, Ema, Sofia e Blanca le sue migliori amiche,  fecero i bagagli e partirono alla volta di Ayamonte dove Linda metteva a disposizione delle sue amiche una casetta non tanto grande ma confortevole. Facevano solo mare poi  le raggiungevano i ragazzi dal paese e stavano con loro a cena.
La mattina partivano ognuna ad una certa ora per andare in spiaggia Blanca e Alma erano le più mattiniere, quando si alzavano mettevano il caffe per tutte, facevano colazione e preparavano della frutta da portarsi via per il pranzo. Con un libro e la crema solare si recavano in spiaggia per rimanerci sino a sera. Quel fine settimana i ragazzi avevano organizzato una grigliata e  sarebbero rimasti con loro sino al lunedì.
Quel fine settimana arrivò anche Tomas e fece coppia fissa con lei; Alva aveva un debole per Tomas si conoscevano da tanto tempo: scherzavano a volte si provocavano facendosi dei dispetti ma nulla più. Forse perché era da tanto tempo che non si vedevano, o forse perché le altre coppie erano già fatte loro due si ritrovarono a stare assieme, ma non era un peso anzi anche Tomas sembra ben felice di stare con lei.
Tomas era un abile nuotatore e Alva in suo compagnia faceva volentieri delle lunghe nuotate spingendosi con lui sino al largo. C’erano tante cose che lui le spiegava e Alva restava sempre volentieri ad ascoltarlo.  Alva si era accorta che Tomas non le toglieva gli occhi di dosso, con quel micro costume che le copriva giusto le vergogne non poteva nascondere poi tanto. Ma il suo sguardo che si soffermava a lungo sulle sue curve le provocava un brivido di piacere e di eccitazione.
Gli unici contatti che avevano era quando dopo il bagno si offriva di spalmarle la crema solare sulla pelle. La sua mano la carezzava lentamente  e i suoi occhi la divoravano vogliosi spostandosi con la mano lungo le parti scoperte; le dita più impertinenti cercavano di insinuarsi anche oltre tenendo sempre sotto controllo le reazioni di Alva. Quando lui si spingeva oltre il consentito lo riprendeva si girava sull’asciugamano mettendo una certa distanza tra loro.

lunedì 17 novembre 2014

vacanze a sorpresa 10

Ci alzammo per andare a cenare in un localino lì vicino e mentre ci spostavamo a piedi Mark si avvicinò a me e mise la sua mano attorno ai miei fianchi, ma io mi divincolai egli dissi: “Stai buono, non mi piace quando allunghi le mani. Comportati bene.” Lui mi guardò e disse: “Mi pareva di capire che i miei baci non ti dessero fastidio.” Io allora risposi: “Come ti ho detto volevo dare una lezione a Catherine perché non mi piaceva essere presa per cretina!” Lui mi guardò con una espressione strana e disse: “Quindi i tuoi baci languidi sono solo per dare una lezione a Catherine. Non ci credo.”
Lo guardai e risposi: “Libero di pensare quello che vuoi.” Lui non replico e mi guardò attentamente negli occhi, mi sforzai di non abbassare lo sguardo e poi mettendosi le mani in tasca continuò a camminare accanto a me senza aggiungere altro. Cenammo ma notai che Mark non era più sorridente come prima e la colpa era mia, ma non volevo illuderlo io avevo altre priorità e innamorami di Mark non era proprio la cosa che volevo anche se iniziava a piacermi troppo. Tornammo a casa io con Mark e i genitori con la macchina che avevamo io e Sophia. Durante il tragitto Mark non parlò, ma io non sopportavo il silenzio che c’era tra noi e gli chiesi se la mattinata con il padre era andata bene. Lui rispose a monosillabi e poi visto che  non aveva molta voglia di dialogare mi zitti pure io. Non volevo che finisse così la serata mi dispiaceva ma non potevo fare altro, dovevo mantenerlo il più lontano possibile da me.
Arrivammo a casa scendemmo dalla macchina lui mi augurò la buona notte io pure e molto triste andai a letto. La notte feci fatica ad addormentarmi e feci dei sogni strani. Sognai che Mark guidava la macchina e io ero al suo fianco poi ad un certo punto la macchina uscii di strada ma io non ero più in macchina con lui c’era Catherine mi guadavano e ridevano di me. Mi sveglia di soprassalto, mi accorsi che era un sogno ma una tristezza mi invase e mi accorsi di avere gli occhi bagnati.
Mi alzai tardi, ma non avevo voglia di vedere nessuno. Quando scesi c’erano solo i genitori di Mark li salutai e loro mi guardarono e mi chiesero: “Hai la faccia tirata,  stai  bene?” Io un po’ imbarazzata confessai: “Non ho dormito bene ma un caffè mi farà bene.” Così andai in cucina da Maria a prendere del caffe appena fatto. Maria mi salutò e mi disse che Mark era già andato fuori, molto presto a dire il vero.
Tornai in sala e i genitori mi diedero un biglietto da parte di Mark, lo aprii e lessi: “Sono in spiaggia ti aspetto lì, prendi la Mercedes.” Non sapevo come interpretare il biglietto non c’era nulla di strano.
I genitori mi chiesero con apprensione: “Va tutto bene?” Io sorridendo risposi per tranquillizzarli: “Si tutto bene.”  Feci colazione e poi ormai a metà mattinata presi la Mercedes e mi diressi alla spiaggia.
Quando arrivai mi guardai attorno per vedere dove fossero tutti. Mi avvicinai a Carol,  la salutai e le chiesi se per caso avesse visto Mark, lei mi indicò con la testa il bar poi aggiunse: “E’ andato al bar con Tom.” “Vieni che andiamo a prendere qualcosa?” chiesi a Carol. Lei mi guardò ma poi mi disse che non aveva molta voglia. Mi allontanai in direzione del bar, quando arrivai c’era Tom che parlava con il barista e in un angolo Mark che parlava con  Catherine. Lui era di spalle e lei fu la prima ad accorgersi di me e con fare sfacciato mise una mano sul braccio di Mark perché sapeva che la stavo guardando. Io con non curanza arrivai alle spalle di Mark e gli misi le mani sugli occhi tappandoglieli e mi avvicinai con il corpo alle sue spalle. Lui inizio ad accarezzare le mani e disse: “Vediamo se riesco ad indovinare chi sei?” Mentre lo diceva mise le mani dietro e accarezzò la mia schiena, poi con una mano mi fece spostare davanti a lui, mentre tenevo le mani sui suoi occhi e inizio ad accarezzare le spalle poi giù lentamente sino ai i fianchi, poi mi circondò con le gambe in modo da impedirmi di allontanarmi e mi avvicinò a se stringendomi tra le sue braccia dicendomi: “Questa volta non scappi.” Dietro le mie spalle sentii la voce di Catherine che diceva. “Ma quanto siete sfacciati voi due” e si allontanò. Io tolsi le mani dai suoi occhi e lo guardai. Non mi diede il tempo di parlare che le sue labbra erano già sulle mie prima lievi e poi sempre più esigenti.
Quando ci sciogliemmo dall’abbraccio mi disse: “Andiamo via di qui.” Mi prese per mano e salutammo Tom, ci avvicinammo  a Carol e salutammo anche lei poi salimmo in macchina e andammo al porto, parcheggiammo e mi portò dove aveva la barca a vela del padre e salpammo.
Ci allontanammo dalla costa e ci dirigemmo verso il largo. Mentre faceva le manovre per uscire dal porto era molto concentrato e non mi rivolse la parola; quando fummo in mare aperto mi chiamò vicino a lui, mise un braccio attorno ai miei fianchi, mi avvicinò a se e mi diede un bacio, poi un altro poi mi abbraccio e mi catturò la bocca per darmi un bacio che mi tolse il respiro. Cercai di allontanarmi, ma non me lo permise allora mi sistemai in modo da dargli la schiena e gli chiesi: “Dove stiamo andando?” Lui mi abbracciò cingendomi la vita e mi sussurrò ad un orecchio: “E’ una sorpresa.” Liberando una mano la mise sul manubrio della barca e la guidò verso il largo ma rimanendo vicino alla costa. La giornata era stupenda e c’era una brezza piacevole. Mi accorsi che ci stavamo spostando e ad un certo punto mi indicò la riva e disse: “Vedi là in fondo riconosci la casa e la spiaggetta?” Guardai attentamente e vidi la casa di Mark in lontananza e riconobbi la spiaggetta dove ero stata tante volte a prendere il sole. Quando fummo di fronte Mark spense il motore e butto l’ancora e capii che ci saremmo fermati lì.
Mi prese per le braccia e mi girò ponendosi di fronte a me e poi mi baciò ancora con più passione di prima. Io ricambia il bacio non potevo farne a meno, non riuscivo a staccarmi da lui. Inizio ad accarezzarmi, ma io mi staccai da lui e gli dissi: “Dobbiamo parlare.” Lui non mi diede ascolto e catturò nuovamente la mia bocca dandomi una altro bacio. Io con molta fatica lo allontanai e alzando un po’ la voce ripetei: “Mark dobbiamo parlare.”
Lui si stacco e stizzito mi risposte: “Ma perché proprio ora! Non possiamo farlo dopo? Ho altre cose in mente in questo momento.” Mi afferrò nuovamente stringendomi a se, ma io puntai le mani sul suo petto e con forza lo allontanai spostandomi su un lato della barca mettendo una certa distanza tra me e lui.
Lui mi guardò scocciato e si spostò dall’altro lato esattamente di fronte a me. Rimanemmo in silenzio per un po’ guardandoci negli occhi poi io apri la bocca per parlare ma lui mi zittì dicendo: “Non ho nessuna intenzione di ascoltarti se stai così lontana da me.”
Io allora mossi qualche passo riducendo della metà la nostra distanza. Lui mi guardò ancora e disse: “Forse non mi sono spiegato non ti ascolterò se sei così lontana.” Mi avvicinai mettendomi davanti a lui e appena fui a tiro mi catturò entrambe le mani e disse: “Sei ancora troppo lontana.”
Io lo guardai e risposi: “Mark dobbiamo parlare,  e di tante cose.” Lui scocciato rispose: “Odio questa tua razionalità, ma tu non ti lascia mai andare?” Lo guardai e gli risposi: “L’ho appena fatto. Sto baciando un uomo che detestavo sino a pochi giorni fa, con il quale avevo fatto un accordo: io avrei finto di essere la sua fidanzata e lui mi avrebbe offerto una vacanza al mare a casa dei suoi.”
Lui allora mi attirò a se e mi disse: “Vieni allora godiamoci la nostra vacanza” baciandomi ancora. Io non mi allontanai ma ricambia il suo bacio, ma quando staccò le sue labbra dalle mie lo allontanai e mantenendo una certa distanza continua: “Mark io domani torno a casa.” Lui non mi fece continuare e rispose: “Possiamo rimanere ancora due settimane.”
Io continuai: “Io la prossima settimana devo laurearmi e tra quindici giorni partirò per Londra dove mi fermerò per qualche mese.” Mi guardò e sul suo viso vidi passare prima la tristezza poi la passione e poi la ribellione. Un attimo dopo  mi sentii sollevata dalla forte stretta delle sue braccia. I piedi mi si staccarono da terra; la testa mi si reclino indietro; Mark  mi copri il viso di baci con un ardore silenzioso e travolgente, come se sentisse l’urgenza di arrivare nel più profondo della mia anima. Mi baciò le guance arrossate,  la fronte corrugata, le palpebre chiuse, le labbra assetate; e i colpi ritmici e i sospiri dello sciabordio dell’acqua contro la chiglia della barca assecondavano la forza delle braccia che mi stringevano, il potere irresistibile delle sue carezze.
Barcollai indietro, stremata, come se fossi stata portata lì in secca dopo una tempesta e un naufragio. Aprii gli occhi dopo un momento e sentii la sua voce che mi diceva: “Non voglio che tu vada via.”
Io molto lentamente gli risposi: “Devo farlo. E’ molto importante per me.”
Lui mi guardò e mi chiese: “E io?” Io lo guardai perdendomi nella profondità del suo sguardo e accarezzando il suo viso gli risposi: “Non ti conosco abbastanza, siamo così diversi, abbiamo progetti diversi, non so dirti se funzionerà. Potrebbe essere una cotta estiva che si esaurisce già domani.”
Lui mi guardò un po’ irritato e rispose: ”Non riesci a non essere razionale vero? Ragioni con la testa non con il cuore. Potrebbe anche funzionare.” Io dispiaciuta nel sentirgli dire quelle parole gli risposi: “Cosa dovrei fare? Ho paura.” Lui replicò: “Paura di provare dei sentimenti? Di metterti alla prova? Di soffrire?”
Io lo guardai e risposi: “Si. Ho fatto tanti sacrifici per potermi mantenere negli studi, ho lavorato per poter essere autonoma e non dipendere dai miei. Non posso buttar via tutto questo. Non ho una famiglia alle spalle che soddisfa ogni mio capriccio. Ecco perché dico che siamo diversi.”
Lui mi guardò e rispose: “Non ti sto chiedendo di buttar via tutto questo, ti chiedo di darmi una possibilità. Anche io non so dirti se funzionerà tra noi due , ma voglio provare.”
Non opposi resistenza quando mi prese per i fianchi e mi avvicinò a lui, non avevo voglia di allontanarmi volevo fidarmi di lui, chissà poteva essere l’uomo della mia vita. Una sola cosa sapevo in quel momento non volevo rinunciare a lui.
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sabato 15 novembre 2014

vacanze a sorpresa 9


Tornai a casa tardino e quando entri in salone trovai la mamma di Mark e poco dopo con mia gioia vidi arrivare Mark e sue padre. Entrarono con i mano dei sacchetti, dopo averli poggiati Mark mi guardò e mi chiese con tono ironico: “Hai sentito la mia mancanza? Io lo guardai e con aria di sfida e risposi: “Neanche un pò”.

Allora tutti risero e il padre di Mark replicò: “Beata la sincerità! Penso che hai trovato la donna giusta che ti metterà in riga.” Mark mi guardò e replicò sornione: “Bugiarda” Io lo fissai intensamente negli occhi e replicai: “Non dico le bugie, ma solo delle false verità” Lui replicò: “Brava così va meglio”.

Poco dopo la mamma di Mark si rivolse a me chiedendomi: “Ti farebbe piacere venire con me  devo comprare delle cose e mi piacerebbe avere un tuo parere. Io senza pensarci un attimo le risposi di si che mi avrebbe certamente fatto piacere. Poco dopo la mamma aggiunse: “Va bene allora per le quattro.” Un istante dopo girandosi verso Mark aggiunse: “Mark mi ha chiamato Catherine e voleva sapere se poteva fare un salto nel pomeriggio che voleva parlarti,  io le ho detto di si.” Mentre lo diceva mi guardava e poi guardò Mark.

Lui non fece vedere le sue emozioni, una maschera era calata sul suo viso. Io ero sconvolta ero stata con l’inganno allontanata da casa per dare modo a loro due di parlare tranquillamente: la sensazione che avevo avuto dall’inizio che la madre di Mark fosse favorevole alle nozze e che vedesse in me un ostacolo che impediva la riconciliazione tra i due era confermata dalla trappola che mi aveva teso nel pomeriggio. Io non diedi a vedere che ero ferita e umiliata salutai e mi ritirai in camera per dare libero sfogo alla mia rabbia. Quando fui tra le mura della mia camera mi resi conto che era giusto così, in fin dei conti ero un’estranea e poi che mi importava tra meno di una settimana sarei stata a Londra lontano da tutto questo e da Mark e avrei ripreso la mia vita.

Mi dispiaceva ammetterlo ma ero infastidita per come ero stata ingannata; la madre di Mark si era prima accertata che io fossi disponibile ad uscire con lei, dopo aver ricevuto il mio consenso oramai non potevo rimangiarmi la parola e quindi impedire l’appuntamento tra Mark e Catherine.

Verso le quattro indossai un tubino rosa e sopra una maglia bianca con una scollatura a V sia davanti che dietro, mi guardai allo specchio e nell’insieme il risultato mi convinceva abbastanza, non volevo farmi vedere di cattivo umore, così scesi cercando di essere sorridente. Quando arrivai in salone c’era già la mamma di Mark che mi aspettava e lì accanto a lei c’era Catherine di fronte era seduto Mark. Salutai guardando Catherine negli occhi e poi guardai Mark che ricambiò il mio sguardo.

 La madre di Mark alzandosi dalla poltrona disse: “Vogliamo andare mia cara?” Io cercando di essere il più disinvolta possibile senza distogliere il mio sguardo da lui risposi sorridendo di si. Mentre mi spostavo per raggiungere l’uscita passai vicino alla poltrona di Mark a arrivata vicino a lui mi inchinai mettendo una mano sul suo ginocchio e mentre mi chinavo a sfiorargli le labbra feci scorrere le mie dita sulla sua coscia con una carezza. Al tocco della mia mano Mark reagì allungando una mano dietro alla mia nuca per avvicinarmi a lui e ricambiò con un bacio molto più esigente. Io mi lascia andare a quel bacio senza riserve e mi parve fosse passato un secolo quando sentii la voce di Catherine che acidamente diceva: “Potreste dedicarvi alle vostre effusioni in luoghi più consoni.”

Mi staccai a malincuore da Mark dopo aver fissato i suoi occhi che si erano fatti stranamente dolci e uscii senza degnarla di una risposta e di uno sguardo, ancora scioccata delle sensazioni incredibili che quel bacio mi aveva lasciato.

Montai in macchina e la madre di Mark uscì dal viale e ci dirigemmo verso il paese. Restammo in silenzio per un po’, io ero ancora frastornata, sentivo sulle mie ancora le labbra calde di  Mark ed era una sensazione piacevolissima. Mi stava piacendo sempre di più maledizione, mi stavo facendo del male con  le mie stesse mani. Per lui ero un diversivo, nulla più però quando mi baciava sentivo che gli piaceva.

Ad un certo punto sentii la voce della mamma di Mark che mi diceva, allontanandomi dai mie pensieri: “Ti devo delle scuse per averti portato fuori con me questo pomeriggio.” Io la guardai stupita e lei continuò: “Vorrei che Catherine e Mark si chiarissero una volta per tutte, lei oggi mi ha chiamato dicendomi che non aveva ancora avuto occasione di parlare con Mark e mi ha chiesto se potevo aiutarla. Io so che lei si è comportata male nei confronti di Mark, ma non ho saputo dirle di no.”

Io la guardai e replicai: “Signora è giusto che ci sia questo chiarimento, io e Mark non ci conosciamo da molto tempo, non abbiamo parlato di matrimonio, non abbiamo fatto progetti, quando finirà questa vacanza io partirò per Londra per qualche mese. Per me è più importante la mia professione voglio lavorare, specializzarmi e non ho pianificato di farmi una famiglia. Posso essere la persona sbagliata per suo figlio, come anche no. Questo non lo so dire ora.”

 Lei mi guardò e mi rispose: “Mi piaci perché sei sincera. Sai quello che vuoi e ti garantisco che non ho nessuna intenzione di interferire in altri modi fra di voi.”

Detto questo rimanemmo ancora un po’ in silenzio, nel frattempo arrivammo al negozio dove aveva appuntamento, facemmo una visita dall’antiquario mi chiese consigli mi fece vedere delle cose molto interessanti, voleva regalarmi una collana di turche molto bella, era come se volesse sdebitarsi a tutti i costi e dopo molto insistenze mi feci convincere ad accettare il dono.

Finito i nostri giri mi propose di andare a bere un aperitivo in un baretto lì accanto io la seguii. Ci sedemmo in un tavolino accanto a un cespuglio di gelsomini e poco dopo arrivò un cameriere e facemmo le ordinazioni, ad un certo punto squillò il suo cellulare, lei rispose: “Pronto, ciao” “Siamo al bar da Nicodemo, Si va bene a dopo” Dopo aver messo il cellulare sul tavolino mi guardò e disse: “Stanno venendo qui.”

Io la guardai e il cuore mi balzò in gola. Ci mancava solo questo adesso venivano qui a darci la buona novella, che meraviglia non vedevo l’ora. Cosa mi aspettavo che lui cambiasse idea, l’avevo pur visto come la baciava, non si era mai tirato indietro, non l’aveva mai allontanata, voleva solo farla ingelosire, cercava solo una ragazza che si prestasse al suo giochetto solo per farla nuovamente decidere a sposarlo. Ma che stupida e pensare che avevo visto nel suo sguardo un luce di complicità, mi sembrava che il bacio scambiato poco prima fosse importante anche per lui in realtà si stava solo divertendo alle mie spalle.

Dopo un tempo che mi parve interminabile li vidi arrivare, ma Mark non era con Catherine, ma con suo padre, erano tutti e due sorridenti e quando si avvicinarono al nostro tavolo Tom il padre di Mark disse galantemente: “Aspettate qualcuno o possiamo unirci a voi belle signore?” Io non riuscivo a crederci e mentre guardavo Mark lui si chinò su di me e mi sfiorò la bocca con un bacio e mi disse: “Felice di vedermi?” Io non risposi ma con la mano avvicinai il suo viso al mio e gli chiesi un altro bacio.

Si sedettero e fecero le ordinazioni e Mark non mi staccava gli occhi di dosso. Io un po’ in imbarazzo feci vedere la collana che Sophia mi aveva regalato e poi parlammo anche degli acquisti fatti come se nulla fosse e inizia a rilassarmi.

 
 
 

giovedì 13 novembre 2014

vacanze a sorpresa 8

 La mattina avevamo deciso io e  Carol di andare a fare compere. Mark mi disse di prendere la macchina, ma io no volevo, non me la sentivo di guidare la Mercedes, ma lui insistette tanto che fui costretta. Era piacevole stare con Carol girammo in lungo e in largo verso mezzogiorno eravamo esauste così andammo in spiaggia per fare un bagno.
C’erano tutti e sdraiata vicino a Mark c’era naturalmente Catherine. Carol mi guardò con sguardo dispiaciuto, ma io le dissi di non preoccuparsi che era arrivato il momento di dare una lezione a quella sfrontata. Il cuore incominciò a battermi all’impazzata, ma mi spogliai e senza attirare la loro attenzione andai a fare il bagno. Feci una nuotata veloce e intanto la mia mente lavorava alacremente e pensavo a come vendicarmi sino a che mi venne un’idea un po’ audace, ma volevo provare. Uscii dall’acqua il cuore andava a mille cercai di tranquillizzarmi facendo un bel respiro poi lentamente mi avvicinai a loro due. Non si erano accorti di nulla era tutti e due supini. Mi misi vicino ai piedi di Mark che erano leggermente divaricati e posi un ginocchio in mezzo alle gambe di Mark e con le mani appoggiate  sull’asciugamano lentamente mi sdraia sopra di lui. Appenai Mark sentii il fresco del mio corpo, appena uscito dall’acqua, sopra al suo spalanco la bocca ed emise un sospiro di sorpresa allargando le braccia. Quando si rese conto che il peso sopra il suo corpo era il mio mi abbracciò circondando con una mano i miei fianchi e con l’altra accostò la mia testa alla sua e mi baciò. All’inizio fu un bacio lieve poi quando si accorse che io non mi allontano divenne più  esigente.
Catherine quando si accorse cosa stava succedendo si alzo dicendo: “Voi due potete fare le vostre smancerie in luoghi più appartati” e si allontano scocciata portandosi via il suo asciugamano.
Quando realizzai che era andata via puntai le mie mani sul petto di Mark e con forza mi staccai da lui rotolando di fianco. Lui rimase un po’ sorpreso, ma girandosi di fianco mi guardò con aria sorniona e mi disse: “Mi sei mancata.” Io senza voltarmi a guardarlo gli risposi: “Certo come no e siccome eri troppo solo hai chiesto a Catherine di farti compagnia.” Lui sorridendo rispose: “Ti stai comportando proprio come una vera fidanzata.” Io spazientita allora risposi: “Ti sbagli mi sono stufata di fare la figura della cretina e penso che sia arrivato il momento di mettere in riga la tua amichetta.” Lui sorridendo in modo malizioso replico: “Quindi tutta questa messa in scena è in onore di Catherine; ed io che mi stavo illudendo che stavo iniziando a piacerti.”
 Risposi secca: “Quanto sei presuntuoso. Ma credi che tutte debbano cadere ai tuoi piedi?” Lui continuo. “Cosa c’è in me che non ti piace?”
Io secca replicai: “Tutto. Se vuoi scusarmi ho fame e vado a casa.” Feci per alzarmi e lui mi fermo per una mano, aspettami sono a piedi devi darmi un passaggio hai tu la mia macchina. Continuando con lo stesso tono secco gli dissi: “Spicciati che ho fame.”
Salutammo tutti e ci dirigemmo verso il parcheggio dove avevo lasciato la macchina e cercai le chiave per dargliele ma lui disse: “Guida tu.” Con riluttanza mi misi al volante e guidai verso casa con Mark che guardava dalla mia parte in maniera insistente, alla fine spazientita gli chiesi: “Che cosa hai da guardare?” Lui sorridendo mi rispose: “Mi sorprendi continuamente!”
Sapevo a cosa si riferiva: al bacio di prima. A dire il vero avevo sorpreso anche me stessa, ma ora ero convinta che fosse stata la cosa giusta, lui non aveva protestato anzi aveva accolto con piacere le mie avances e Catherine avrebbe iniziato a capire che era il caso di girare alla larga.
Ora però dovevo stare attenta a Mark,  non volevo nessun coinvolgimento con lui e dovevamo mantenere le distanze. Questo fu l’atteggiamento che adottai nelle ore successive. Vedevo che tentava di allungare la mano per stringere la mia, o cercava di mettermi un braccio attorno alla vita ma ogni volta mi allontanavo da lui sino a che iniziò a capire che nulla era cambiato da prima.
La sera andammo a cena con i suoi in un locale molto carino e per l’occasione indossai il vestito da sera che mi aveva prestato Susan. Era nero molto semplice una specie di sottoveste che però mi stava molto bene e lo capii dallo sguardo di Mark quando scesi nel salone. Devo essere sincera il suo sguardo mi fece piacere e durante tutta la serata notai che più volte il suo sguardo si posava su di me.
Quando tornammo a casa i genitori poco dopo ci salutarono per ritirarsi nella loro camera con il pretesto che erano stanchi e per lasciarci da soli;  Mark cercò di trattenermi con lui prendendomi una mano e portandomi in veranda. Io lasciai la sua mano e gli dissi che ero stanca e volevo andare a letto, ma lui mi guardò appoggiandosi mollemente al pilastro della veranda e mi disse: “Ho l’impressione che tu mi stia evitando!” Io lo guardai e gli risposi: “Sono stanca e voglio andare a dormire.”
Lui continuò: “Hai paura che ti baci?” Lo guardai e in quel momento arrossi, ma per fortuna ero in ombra e lui non se ne accorse, ma si accorse dal tono della mia voce che non dicevo la verità: “Non dire sciocchezze.” Lui allora si allontanò dal pilastro e guardandomi con aria poco convinta rispose: “Bugiarda.”
Io per paura che si avvicinasse e confutasse personalmente la sua teoria feci due passi verso la porta dicendo: “Buona notte Mark vado a letto.” Lui sorridendo replicò: “Non mi sfuggirai così facilmente.” Ma io per fortuna ero già lontana da lui vicino alle scale e quando arrivai vicino al primo gradino salii le scale velocemente per arrivare al sicuro nella mia stanza. Chiusi la porta e feci un respiro di sollievo.
Cosa mi era venuto in mente di baciarlo sulla spiaggia, potevo semplicemente dire a Catherine di spostarsi dall’asciugamano, ma volevo dimostrare a lei che io ero più importante che lo avevo affascinato che ero desiderabile. Il bacio che Mark mi aveva corrisposto mi aveva coinvolto, è vero che è da tanto tempo che non avevo un ragazzo, ma la sensazione che mi aveva trasmesso era molto piacevole e se poco fa fossi  rimasta un attimo di più sola con lui  ero tentata di farmi baciare ancora. Aveva ragione lui  lo stavo evitando per paura di essere ancora baciata.
Mi allontanai dalla porta e lentamente mi spogliai, e mi ricordai degli sguardi che mi aveva lanciato durante la cena e il solo pensiero mi provocò un certo languore. Mi misi a letto e continua a fantasticare sino a che il sonno non arrivò.
La mattina seguente mi sveglia di ottimo umore e non vedevo l’ora di rivedere Mark, il suo sguardo ironico, sentire la sua voce averlo vicino a me. Quando scesi per la colazione trovai solo la mamma di Mark che mi salutò con un sorriso e mi avvertì che Mark e suo padre erano fuori per commissioni e sarebbero tornati nel tardo pomeriggio. Io allora dopo colazione decisi di andare alla spiaggetta e dopo aver preparato la borsa con le mie cose mi incamminai. Trascorsi il mio tempo a leggere fare bagni e rosolarmi al sole, ma mi stavo annoiando, mi sentivo sola. Era una sensazione strana io che amavo la solitudine, sarei potuta andare a raggiungere gli antri, ma avevo voglia solo di una compagnia, solo di vedere i suoi occhi, solo di sentirlo vicino a me, solo ed esclusivamente di lui.

mercoledì 12 novembre 2014

Vacanze a sorpresa 7


Salimmo in macchina e durante il tragitto verso casa non parlai e lui dopo avermi guardato mi chiese: “Sei così silenziosa! Sei molto stanca?” Io per tagliare corto risposi di si, ma mi sarebbe piaciuto chiedergli come mi sarei dovuta comportarmi nei prossimi giorni, poteva essere più chiaro e dirmi che voleva una finta fidanzata per far ingelosire Catherine, non mi spiegavo in altro modo il suo atteggiamento.
Quando arrivammo a casa, per non prolungare la vicinanza con lui e per evitare di porgli queste domande che mi tormentavano lo salutai velocemente e andai in camera mia. Chiusi la porta e tirai un respiro di sollievo. Anche questa serata si era conclusa ma era stata difficile. Domani avrei parlato chiaramente con Mark.
L’indomani trascorremmo la mattina a fare un giro al mercato e fare compere. Il marcato era molto caratteristico c’erano un’infinità di spezie, stoffe, artigianato, avrei comprato tutto ma mi trattenni, presi solo un vestito con una bella stoffa fantasia mentre la mamma di Mark comprò una bella borsa e Mark voleva comprarne una anche a me ma rifiutai categoricamente. Nel pomeriggio andammo in spiaggia io avrei fatto a meno ma non potevo spiegare il motivo a Mark. Naturalmente poco dopo aver disteso l’asciugamano sulla sabbia arrivò Catherine che passando accanto a noi ci salutò. Non ci diede fastidio più di tanto, ma appena Mark si alzò per fare il bagno vidi che anche lei si alzava per dirigersi verso l’acqua. Io oramai conoscevo tutte le sue mosse e non sapevo cosa fare o non  fare. Se fossi stata la vera ragazza di Mark avrei trovato il modo efficace per farla smettere quella sfacciata.
Quando ci preparammo per lasciare la spiaggia Catherine si avvicinò a Mark e guardando solo lui disse: “Ci vediamo in pizzeria alle otto ci siamo tu io e altre tre coppie.” Io mi accorsi che non era stato fatto il mio nome e continuando a piegare  il mio asciugamano mi allontanai per prendere la mia borse per lasciare che Mark prendesse accordi con Catherine. Infilai i miei infradito e lentamente mi incamminai verso casa.
Ero sopra pensiero quando sentii una vespa alle mie spalle e una voce dura che mi chiedeva: “Dove stai andando?” Mi girai irritata dal tono di Mark e altrettanto alterata risposi: “A casa.”
Lui con lo stesso tono mi rispose: “Potevi almeno avvertirmi che andavi via, ti ho cercata in lungo e in largo” Io sfacciatamente gli risposi: “Cosa pensavi mi fossi buttata in mare?” Lui mi guardo e spazientito mi chiese: “Mi vuoi dire perché sei andata via in questo modo?
Io allora non riuscendo più a trattenermi risposi: “Non sono stata invitata in pizzeria e stavo tornando a casa a piedi visto con non ho impegni” Lui ancora irato rispose: “Tu sei con me e vieni con me” Io non riuscii a stare zitta e replicai: “No mio caro mi sono stufata di reggere il moccolo, potevi essere più onesto con me e dirmi che cercavi una fidanzata solo per far ingelosire Catherine”
Lui sempre più arrabbiato rispose: “Io non sto facendo ingelosire nessuno, se tu vedi cose che non esistono non è colpa mia.” Non riuscivo a trattenere la rabbia e continuai: “A io vedo cose che non esistono? Allora mi sono immaginata i baci che vi siete scambiati?“ Lui mi rispose: “Io e Catherine ci conosciamo da tanto e un bacio possiamo anche scambiarcelo.”
Io al colmo della rabbia replicai: “Per me la puoi ricoprire di baci a tutte le ore del giorno non mi importa, ma si da il caso che ogni volta che mi allontano non fa altro che fiondarsi vicino a te con qualsiasi pretesto e questa cosa a te fa molto piacere.” Lui mi guardò e replicò: “Se ti fa piacere la prossima volta la allontano.”
La rabbia era incontenibile come faceva a non capire: “Io non voglio un bel nulla devi solo dire chiaramente se mi devo mettere da parte  così tu puoi flirtare liberamente con Catherine o se devo comportarmi come la tua fidanzata. Sono stufa di fare la cretina.”
Lui pacatamente rispose: “Non sto flirtando con Catherine e non sto cercando di farla ingelosire. Questo è tutto. Ora vuoi salire che ci aspettano in pizzeria.”  Io di malavoglia salii dietro la vespa e partimmo verso casa. Non avevo per niente voglia di andare in pizzeria, non avevo voglia di vedere Catherine, di stare con Mark e mi scoppiava la testa. Ma sarebbe stato sciocco darla vinta a Catrin, così feci una doccia infilai il vestito che avevo comprato al mercato che metteva in risalto la mia abbronzatura e scesi in salone dove c’era Mark che mi aspettava.
Lui mi diede una rapida occhiata, suo padre che era acconto a Mark molto galantemente rivolgendosi a Mark disse: “Ti conviene tenere bene gli occhi aperti, questa sera più di qualche uomo potrebbe portartela via.” Io guardai il padre di Mark e sorrisi dicendo: “Non si preoccupi non c’è pericolo sono troppo velenosa.” Mark senza parlare mi mise una mano su un fianco e mi condusse fuori verso la macchina. Io non dissi una parla non avevo voglia di fare conversazione ero ancora arrabbiata.
Mark poco dopo disse: “Hai intenzione di tenermi il muso tutta la serata?” Io a quelle parole risposi controllando il tono di voce che sarebbe stato molto tagliente: “Non ho intenzione di tenere il muso a nessuno ho solo molto mal di testa.” Lui allora con voce più dolce mi disse: “Mi dispiace!”
Non riuscivo a capire se era dispiaciuto perché si era comportato in modo brusco qualche ora fa o perché avevo mal di testa. Poco importava non glielo chiesi e continuammo a stare in silenzio.
Quando scesi dalla macchina lui mi raggiunse e mi prese per mano, io molto velocemente mi svincolai dalla sua stretta e dopo averlo guardato gli dissi: “Non è necessario che tu mi tieni la mano.” E lo precedetti dentro il locale. Quando entrammo nella sala che era stata prenotata per noi, quando Catherine ci vidi, rimase un po’ stupita di vedermi, ma come se niente fosse si avvicinò a Mark e lo salutò mettendogli una mano sotto il braccio e conducendolo a sedere vicino a lei. Io vidi  Steve il ragazzo minuto che era stato galante con me la prima volta che ci avevano presentato e in maniera molto simpatica disse: “Vieni a sederti vicino a me oramai sarai stufa di stare con Mark per questa sera fammi godere la tua compagnia. Non ti ha mai detto nessuno che sei bellissima?” Io lo guardai ridendo e risposi: “No nessuno come lo stai dicendo tu.” Mi prese sottobraccio e mi condusse all’altra estremità della tavolata.
Avevo voglia di non pensare a Catherine e a Mark e volevo divertirmi  così accettai le attenzioni di Steve come un diversivo. Mi versò da bere e incrociando i miei occhi mi ripeté: “Se ti stufi di Mark prendimi in considerazione.” Lo guardai e risposi: “Contaci.” Parlammo del più e del meno e dopo aver bevuto due calici di vino mi sentivo già meglio. Solo un paio di volte girando lo sguardo verso Mark mi accorsi che guardava dalla mia parte, ma non ci diedi peso.
Quando arrivammo al dessert Mark si alzo e si avvicinò a me e guardando Steve un po’ spazientito lo apostrofò: “Posso riprendermi la mia fidanzata?” Steve per nulla impressionato lo guardò e gli disse: “Mi sono già prenotato per  quando si stuferà di te.” Mark sempre con tono gelido rispose: “Corri un po’ troppo, ancora non è arrivato questo momento!” Steve sorridendo rispose: “Lascialo dire a lei.” Si guardarono per un po’ poi Mark mi chiese: “Vuoi che andiamo?” Io mi alzai senza rispondere e dopo aver salutato Steve che mi prese la mano e galantemente me la baciò, lasciammo il locale.
Quando fummo in macchina Mark mi guardo e in tono acido mi disse: “Mi pare che hai passato una bella serata con Steve? Lo guardai e replicai: “Certo è un ragazzo molto affascinante.” Avrei voluto aggiungere anche tu con Catrin ma lo pensai solamente. Lui continuo: “Stai attenta Steve è uno a cui piacciono le belle donne.” Io lo guardai e replicai: “So badare a me stessa! Ma ti ringrazio per l’avvertimento.”
Strano avevo come l’impressione che il fatto che io avessi trascorso la serata con Steve lo infastidisse, non riuscivi a spiegarmi il perchè. Ma certo gli dava fastidio non essere al centro dell’attenzione, ma che importava mancava ancora una settimana e poi mi sarei liberata di lui.

lunedì 10 novembre 2014

Coincidenze. Sui binari da Milano a Palermo, Tim Parks, Bompiani

 

Domenica sera viaggio in prima classe, perché in seconda non c'è mai posto. Effettivamente, al momento di salire non c'è posto neanche in prima, ma dopo Verona Portanuova, passerà il controllore e ci sarà il solito fuggi fuggi verso al seconda. Qui il problema non è di informazione ma di interpretazione. "I passeggeri sono pregati do controllare che la classe indicata sul documento di viaggio corrisponda alla classe dei sedili che occupano". Abbiamo sentito l'avvertimento già due volte nei primi venti minuti di viaggio. Ma quali sono le conseguenze se non corrisponde?
Oggi, sedendomi mentre altri scappano, mi offro di aiutare la ragazza di fronte a me a mettere sul portabagagli il suo borsone che rischia di ostacolare la gente in fuga. "Non ne vale la pena", dice. Non ha un biglietto di prima classe, perciò è probabile che dovrà spostarsi anche lei da un momento all'altro. "E' che non c'è un solo posto libero in tutto il treno", spiega.
Lo dice come se avesse controllato personalmente ogni singola carrozza.
"Dovrebbero mettere più interregionali", continua, ma non per giustificarsi; fa semplicemente notare che la richiesta c'è e andrebbe soddisfatta. "L'Intercity costa il doppio", spiega come se il mio accento straniero mi impedisse di saperlo.
"Non li mettono", faccio notare "perché se tutti andassero a Milano con nove euro le FS non ci guadagnerebbero un bel niente".
"Questo è vero", ha concesso lei tranquillamente.

"Sarà per questo che certi pagano qualcosa in più per la prima classe", osservò. "Per sedersi".

"Se possono permettersi la prima classe", ribatte lei. "non capisco perché non prendono il treno più veloce".
"Magari perché non si ferma nella loro stazione. Dove sono salito io non si ferma per esempio".
"Già deve essere così", concorda.
Adesso arriva il controllore ma lei non si alza per fuggire. Con estrema calma e naturalezza gli mostra il suo "documento di viaggio".
"Questo è un biglietto di seconda classe, signorina", osserva quello, "e lei è in prima".
La ragazza si guarda attorno vagamente sorpresa. "Ah, sì?".
Ma non sta cercando davvero di prenderlo in giro. Finge solo di cadere dalle nuvole, quel tanto da permettere al controllore di comportarsi come se lei non sene fosse accorta. Tutti e due recitano.
"Bene signorina, si deve spostare", dice lui. Si vede che gli piace chiamarla signorina. La ragazza accenna ad alzarsi e il controllore prosegue lungo la carrozza ormai piacevolmente libera. I pochi rimasti già porgono il regolare biglietto di prima classe con un sorriso affabile. la ragazza continua a trafficare con le sue borse, tirando fuori cose, rimettendole dentro e sistemando una cosa e l'altra finché di punto in bianco si risiede, sprofonda nel sedile in modo che i capelli biondi non spuntino da sopra il poggiatesta e chiude gli occhi.
"S'è n'è andato", le dico dopo un altro minuto. Lei apre un occhio, sorride, apre l'altro, ride, si passa una mano fra i bei capelli, poi fruga dentro la borsa e tira fuori un testo di economia. Deve studiare.
Chiedo: "Come farà quando torna?".
Lei si acciglia. "Ci metterà un bel po' ad arrivare in fondo al treno. E' affollatissimo".
"Avrà un assistente che risale dalla parte opposta".
"Vedremo", dice lei.
"In teoria potrebbe metterla giù dura".
"In teoria", concorda lei. "Ma non credo".
Mi rendo conto di avere a che fare con una persona molto più integrata i  questa società di quanto possa mai sperare di esserlo io.
"Perché?".
"Non fanno troppo sul serio con la prima classe, no?".
Inarco un sopracciglio.
"Quando viaggi su un autobus senza biglietto, che succede? Se sale un controllore, blocca le porte dell'autobus e tutti quelli senza biglietto si beccano una multa. Questo è fare sul serio. Volendo potrebbero benissimo far arrivare due controllori dai capi opposti della carrozza di prima classe e fare la multa a tutti quelli con il biglietto di seconda".
"Già". Non ci avevo pensato.
"Se andassi in prima classe su un Freccia Rossa. me la farebbero subito, la multa".
"Qui invece no".
"Non fanno sul serio".
"Ma perché?".
Lei si acciglia. Si vede che è una studentessa seria.
"Secondo  me preferirebbero che tutte queste persone che pagano per la prima classe passassero ai treni più veloci. I poveri da una parte sul Regionale, il benestante dall'altra sulla Freccia, ben divisi. E' quello il mondo che vogliono."
Poveri e ricchi. Non per nulla studia Economia.
Chiedo: "Allora perché offrire la prima classe?"
"Hanno le carrozze, no?" Ci sarà sempre qualcuno fesso abbastanza da pagare, anche se non riceve un servizio".
"Grazie."
"Prego", dice lei con una risata. 

sabato 8 novembre 2014

Vacanze a sorpresa 6


Stava facendosi tardi così mi incamminai verso la mia stanza dopo essermi messa a letto mi addormentai quasi subito e l’indomani mi sveglia alle otto.

Mi misi il costume e andai giù in salone dove trovai i genitori di Mark che sorseggiavano il caffè. Quando mi videro mi salutarono e si meravigliarono che io fossi così mattiniera. Presi una tazza di caffe e replicai: “Mi piace alzarmi presto e andare al mare nelle ore meno calde.” Per continuare la conversazione chiesi della loro gita in barca e così chiacchierammo piacevolmente sino a che non arrivò Mark che dopo aver salutato tutti si sedette al mio fianco a prese una tazza di caffè. Io  stavo mangiando l’ultimo boccone di una fetta di pane imburrata quando Mark si volto dalla mia parte e con tono suadente mi chiese: “Mi prepari una fetta di pane imburrato?” Lo guardai negli occhi e con tono altrettanto suadente risposi: ”Lo farei molto volentieri, ma devo fare una telefonata importante.” E chiedendo scusa uscii dalla stanza.

Non so cosa pensavano in quel momento i genitori ma dovevo veramente chiamare il prof. Quella mattina e se aspettavo ancora non lo avrei più trovato perché sarebbe stato a lezione. Ad ogni modo non volevo che pensassero che ero la brava ragazza a disposizione del loro bel figliolo.

Poco dopo scesi nuovamente giù con le mie cose e trovai Mark in veranda con il padre appena mi scorse Mark mi disse: “Sei pronta?” Io risposi di si. Lui si alzò e il padre ci augurò buona giornata e io seguii Mark che tenendomi per un braccio mi fece uscire dalla porta principale dove c’era parcheggiata una vespa turchese nuova di zecca. Montò per primo lui e allora io chiesi: “Dove andiamo?” lui mi guardò e mi rispose: “Al mare, ti presento i miei amici” Montai sulla vespa e non feci più domande.

Quando arrivammo alla spiaggia del paese parcheggiammo la vespa e ci avviammo verso un gruppetto di ragazzi e ragazze riuniti sotto due o tre ombrelloni. Mark fece le presentazioni e tutti molto simpaticamente mi accolsero molto calorosamente facendo battutine. Steve un biondino minuto disse: “Ecco perché facevi tanto il misterioso, carina com’è avevi paura che te La portassimo via il primo giorno. Tranquillo. Non il primo giorno ma nei prossimi è meglio che ti guardi alle spalle.” Tutti ridemmo e io penso di essere arrossita, non credevo di avere questa accoglienza calorosa. Mi sedetti vicina alle ragazze e parlammo del più e del meno, simpatizzai con Carol una bella moretta che mi fece i complimenti per i miei capelli. Verso mezzogiorno avevamo fatto già diversi bagni e la simpatia nei confronti dei ragazzi era veramente sincera.

Ero sdraiata vicino a Carol quando vidi una bionda che ancheggiando si dirigeva verso il gruppo. Alla prima occhiata non mi piacque neanche un po’ ma poi vidi che tutti la salutavano e capii che la conoscevano bene. Si diresse con fare sensuale verso Mark e dopo avergli messo le mani attorno al collo lo salutò con un bacio sulla bocca. Lui sembrò poco interessato al bacio ma certamente non si ritrasse. Si accorse che lo guardavo allora con voce rigida stacco le mani della bionda  e disse: “Catrin ti presento la mia ragazza Helen.” Lei si girò molto lentamente e mi fisso negli occhi con sguardo ostile e poi disse: “Piacere.” La guardai pure io e feci un cenno del capo senza staccarle gli occhi di dosso.

Lei come se niente fosse chiese a Mark: “Cosa fai per pranzo?” Lui allontanandosi da lei e dirigendosi verso di me disse: “Io e Helen stiamo andando a casa a mangiare” Lei imperterrita continuò rivolgendosi solo a Mark: “Ci sei alla grigliata da Tom questa sera?” Mark mi allungò una mano per farmi alzare e senza voltarsi rispose: “Non abbiamo ancora deciso.”

Misi le mie cose nella borsa salutai Carol e poi salutammo i ragazzi e ci dirigemmo verso la vespa. Non scambiammo una parola. Avrei voluto chiedere chi fosse quella tipa, ma non toccava a me fare le domande. Magari lui voleva con i suoi fingere che io fossi la sua ragazza e flirtare con la bionda, ma doveva dirmelo, mi sarei  preparata.

Quando arrivammo a casa i genitori non erano ancora arrivati, così andammo nelle rispettive camere a fare una doccia. Sotto il getto dell’acqua pensavo ancora alla bionda. Certo che era strano, Mark mi aveva presentato ai suoi amici come la sua ragazza, ma allora la tizia bionda chi era? Una sua vecchia fiamma o nuova fiamma?

Quando scesi giù erano già a tavola, mi sedetti e mangiammo. I genitori stavano prendendo accordi per andare a cena e Mark disse che sarebbe andato bene tra due serate perché eravamo impegnati con una grigliata a casa di Tom. Così pensai tra me: alla bionda aveva fatto credere che non ci sarebbe andata ma poi per non scontentarla ci sarebbe stato. Secondo me stava facendo il doppio gioco io ero la fidanzata di facciata e lui flirtava con la bionda. Bel porco pensai tra me. Ma cosa mi potevo aspettare da un tipo come lui così mi passò l’appetito e avevo voglia di andarmene in spiaggia da sola come avevo fatto i primi giorni. Ma si che me ne fregava,  io mi stavo godendo una vacanza gratis. Lui poteva fare il porco con chi voleva.

Nel pomeriggio rimasi in veranda a leggere il mio libro e verso le quattro Mark mi disse che per le sette ci dovevamo preparare per recarci a casa di Tom. Mi consiglio di mettere il costume che forse più tardi avremmo fatto un bel bagno. All’ora stabilita scesi con un paio di pantaloncini e una canotta molto sexi, se dovevo vedere una bionda che si baciava il mio fidanzato sotto il naso io potevo baciare qualcuno sotto il naso del mio fidanzato! Mark mi squadrò con compiacimento, la mia canotta a quanto pare piaceva anche a lui. Io feci finta di nulla e gli passai davanti. Lui mi prese per il gomito e mi condusse alla Mercedes che era parcheggiata fuori. Mentre guidava ogni tanto mi lanciava qualche occhiata, io continuavo a fare finta di niente ma dentro di me pensavo: “Questa sera te lo faccio vedere io.”

Arrivati da Tom iniziammo ad apparecchiare, e gli uomini Mark e Tom si misero vicino ai camini a cuocere la carne. Poco alla volta iniziarono ad arrivare anche gli altri amici e anche facce nuove che non avevo visto al mare. Io e Carol senza nemmeno parlarci lavoravano in sintonia come se non avessimo fatto altro e quando la carne iniziò ad essere pronta la distribuivamo nei piatti con i contorni i primi le bibite sino a che tutti non erano serviti. Mark e Tom grondavano sudore e ogni tanto Carol o io gli portavamo da bere una birra. Carol ad un certo punto mi prese per un braccio e mi obbligò a sedermi e mangiare qualche cosa ma non avevo fame gli altri si. Avevano spazzolato tutto sembravano cavallette, fortunatamente avevamo messo da parte dei piattini per i ragazzi altrimenti non avrebbero lasciato neanche le bricciole, oramai tutti erano sazi e non era più necessario stare davanti ai camini.

In quel momento arrivò  ancheggiando Catrin che individuò subito Mark vicino al camino e con una birra fresca si diresse verso di lui. Io mi rivolsi a Carol e le chiesi chi fosse la bionda, lei mi guardò e mi disse: “Non lo sai?” Io la guardai e ingenuamente e risposi: “No, Mark non mi ha detto nulla”. Lei allora inizio a raccontare che Mark stava per sposarsi con Catrin, ma che lei all’ultimo minuto lei si era tirata indietro.  Io guardai Carol e replicai: “Pare che adesso ha cambiato idea!”

Carol mi guardo e mi disse: “Mark non è uno sciocco!” Io però dentro di me lo pensavo eccome ma questo a Carol non potevo dirlo. Mi alzai per andare a prendere l’anguria che era stata messa in fresco, quando ritornai Mark era seduto a uno dei tavoli e quando gli passai vicino mi prese per un braccio e mi fece sedere sulle sue ginocchia e disse: “Ti vuoi sedere un attimo a riposare, hai girato come una trottola tutta la sera per sfamare queste bocche voraci.” Feci per alzarmi ma lui mi strinse a se mettendo le sue braccia attorno alla mia vita. Così immobilizzata non potevo andare da nessuna parte così mi appoggia con la schiena al suo torace e rimasi ferma ascoltando il suo respiro regolare. Liberò un braccio per finire di mangiare quello che aveva nel piatto ma con l’altra mi teneva stretta. Io allora perché mi sentivo un po’ in imbarazzo cercai di liberarmi ma appena sentì che mi stavo divincolando strinse più forte e mi sussurrò all’orecchio: “Non vai da nessuna parte resti qui con me.” Io mi sentivo a disagio e la sua vicinanza mi faceva un certo effetto, sentivo il cuore battere forte e il mio desiderio era quello di stare il più possibile lontano, così con la scusa di dover andare in bagno mi allontanai da lui.

In bagno mi rinfrescai le guance che sentivo bollenti, mi guardai il viso: avevo gli occhi che mi luccicavano e una strana sensazione addosso. Dopo essermi calmata un po’ ed essermi ripetuta di smetterla di agitami ogni volta che Mark mi era vicino o mi sfiorava, uscii lentamente dal bagno.

I ragazzi nel mentre si erano spostati vicino alla pergola e dopo aver messo un po’ di musica ballavano. Mi guardai intorno e vidi che Carol stava sistemando i tavoli così mi unii a lei e Tom e con spazzoloni e acqua lavammo i piani dei tavoli e mettemmo in ordine le sedie accatastandole da una parte. Spostammo i sacchi con la spazzatura e gli avanzi di cibo vennero messi da parte o divisi in diversi contenitori.

Quando finimmo ci sedemmo esausti nel divanetto e con una birra a testa e con i piedi sopra al tavolino sorseggiammo la bibita fresca e guardavamo gli altri che ballavano. Non so se fosse la birra o la stanchezza ma ridevamo come matti per scemenze. Io con il corpo ero con Carol e Tom ma i miei occhi guardavano tra il gruppetto che ballava. C’era Mark che ballava con Catrin e a me dava fastidio, e mi urtava avere questa sensazione, ero forse gelosa? Che sciocchezza però ogni volta che Catrin era accanto a Mark ero infastidita. Quanto ero stupida a sentirmi così. Cercavo di non guardare ma il mio sguardo come una calamita era attirato in quella direzione.

Vidi ad un certo punto che Catrin con un bacio salutò Mark e allora lui si diresse verso di noi. Senza una parola si sedette acconto a me nel divanetto e mi prese la birra dalle mani e ne bevve un lungo sorso. Si unì a noi e continuammo a parlare ancora un po,’ poi vista l’ora ci salutammo e salutammo anche gli altri.

Salimmo in macchina e durante il tragitto verso casa non parlai e lui dopo avermi guardato mi chiese: “Sei così silenziosa! Sei molto stanca?” Io per tagliare corto risposi di si, ma mi sarebbe piaciuto chiedergli come mi sarei dovuta comportarmi nei prossimi giorni, poteva essere più chiaro e dirmi che voleva una finta fidanzata per far ingelosire Catrin, non mi spiegavo in altro modo il suo atteggiamento.