Alva ora che era sola con lui stava iniziando ad
agitarsi ma cercò di controllarsi anche perché Tomas non sembrava in vena di
cordialità.
Gli aprì la portiera dell’auto e mentre gli
passo davanti per montare in macchina lo sfiorò e questo contatto provocò su di
lei come una scarica elettrica. Anche lui aveva avuto la stessa sensazione
perché si ritrasse all’istante.
Montò in macchina accese il motore e partirono.
Mentre si dirigevano verso casa lui disse: “Non capisco perché perdi il tuo
tempo qui quando potresti benissimo trovarti un lavoro più soddisfacente a
Huelva.” Alva stava iniziando a irritarsi e gli rispose scocciata: “Si da il
caso che non devo rendere conto a te quello che faccio. Come ti ho detto qui c’è
mio padre e voglio vivere con lui e poi…” Ma non continuò e terminò la frase
senza proseguire.
Lui la guardò per un attimo e irato aggiunse:
“Ti do tempo un mese e ne avrai sin sopra i capelli di questa gente del paese.”
Lei lo guardò sfidandolo: “ Se nel giro di un
mese non me ne vado cosa succede signor tutto so io?” Lui la guardò replicando:
“Nulla. Ma ti stuferai. Sei abituata alle comodità della città, alle feste, ai
bei negozi, alla gente. Qui l’inverno è noioso; si fanno sempre le stesse cose.
L’unica distrazione è una birra da Blanco o qualche festa ogni tanto.”
Alva replicò alle sue osservazioni: “Si vede
proprio che non mi conosci. Non credere che a Huelva facessi la bella vita.
Comunque ho preso questa decisione e non torno indietro.”
Erano arrivati a casa e Alva scese dall’auto e
lo invitò ad entrare: suo padre era ancora alzato e stava facendo una partita a
dama con il dottore. Tomas entrò e salutò i due uomini poi parlò con il padre
di un pacco che aveva da consegnarli e delle carte che doveva fargli firmare.
Alva si era illusa che quella di Tomas fosse stata solo una scusa per
accompagnarla a casa in realtà doveva effettivamente parlare con il padre. Non
importava.
Quando gli uomini finirono le loro cose Alma si
alzò per accompagnare Tomas alla porta.
Lui la guardò e gli domandò: “Sei decisa a
rimanere allora?” Alva si spazientì e non poco e rispose ora su tutte le furie:
“Si può sapere che fastidio ti do se resto o me ne vado? Non ti preoccupare che
non ho intenzione di importunarti.”
Non finì di dire questa frase che Tomas la prese
per le spalle e la avvicinò con forza a se e stava per baciarla quando il
rumore della porta li fece sobbalzare e si separarono per far passare il
dottore che con un sorrisetto gli augurò la buona notte.
Tomas la guardò, poi si girò e seguì il dottore,
e senza voltarsi la salutò in malo modo e andò via.
Alva era ancora una volta sconvolta, non sapeva
cosa pensare; una cosa era certa non gliela avrebbe data vinta. Lui aveva detto
che nel giro di un mese sarebbe fuggita, ma non la conosceva bene. Sarebbe
rimasta e avrebbe esercita a Jabugo questo era certo.
Un giorno lei e il dott. Sarazar vennero
chiamati a casa della vedova che aveva chiesto al dottore di fare la solita
visita mensile al gregge di capre che aveva. Alva era molto curiosa di
conoscerla e allo stesso tempo gelosa di vedere la donna che aveva conquistato
il cuore di Tomas.
Dopo aver fatto la visita al bestiame, il dottor
entrò in casa: una bella casa fresca, quelle di una volta, con un ampio cortile
interno, con porticati e loggiati dai quali come una cascata pendevano dei
rampicanti; la parte centrale era sistemata a giardino, con una fontana che rendeva ancora più
accentuato il fresco dell’ambiente; la corte interna era decorata con azulejos particolari che Alva non aveva mai visto di
così belli e rimase a lungo ad ammirarli. Sentì alle sue spalle una voce di
donna che le chiedeva: “Belli vero?” Alva si girò e vide una donna non più
giovanissima ma che doveva essere stata una donna molto bella. Salutò il
dottore con molto calore e poi fatte le presentazione sorrise cordialmente
anche ad Alva. “Mio marito era appassionato di azulejos questi sono stati
disegnati appositamente dall’arch. Tomas Ribeiro Colaço” disse con orgoglio.
Li fece
accomodare e offrì loro del succo e dei biscotti appena sfornati. Dona Carmela
era questo il nome della vedova era una donna pratica, che dalla morte del
marito aveva amministrato le sue proprietà non senza difficoltà e quando seppe
che Alva aveva intenzione di svolgere la stessa professione del dottor Salazar,
le disse: “Sarà dura all’inizio proprio perché sei una donna, ma non ti devi fare
intimorire e vedrai che col tempo ti rispetteranno ancor di più” Quelle parole
furono di grande conforto per Alva.
Stavano per lasciare la casa quando in soggiorno
comparve Tomas che fu sorpreso di vederli lì. Salutò un po’ cupo e rivolgendosi
a Dona Carmela disse: “Ho finito, di sistemare.”
Dona Carmela si rivolse a lui e gli disse: “Prendi
un bicchiere di succo e qualche biscotto, li ho appena fatti”. Tomas fece come gli diceva e si sedette in una
sedia accanto a lei e di fronte ad Alva.
Scambiammo ancora alcune parole poi dona Carmela
chiese al dottore se poteva accompagnarla che voleva fargli vedere una mappa
antica. Con quella scusa li lasciarono soli in soggiorno.
Alva non riusciva a restare seduta così si alzò
e andò a guardare le belle piante del patio. Poco dopo sentii la presenza di
Tomas dietro alle sue spalle: “Come sta tuo padre?” Senza guardarlo rispose:
“Bene grazie.”
Lui continuò: “Domani ci sarai alla mietitura
dai Rodrigo?” Sempre dandogli le spalle rispose: “Certamente, e tu?” Lui
rispose: “Si. Ci sarò”. Poi un po’ spazientito le chiese: “Ti da fastidio
guardarmi in faccia?”
Lei irritata si girò e gli rispose: “Si da il
caso che quello infastidito sei tu. Non vuoi che rimanga a Jabugo, speri e ti
auguri che il lavoro che voglio intraprendere mi vada male, non vedi l’ora che
me ne vada.”
Lui irritato rispose: “Dannazione ma non capisci
che lo dico per te?” Lei con la rabbia che le stava crescendo rispose: ”Se ti
interessasse qualcosa di me capiresti che non posso starti lontano. Non ci
riesco. Rimango qui perché ci sei tu.” Lui la guardò e rispose: “Fai male io
non sono la persona adatta a te. Meriti di meglio.” Lei quasi con le lacrime
agli occhi gli rispose: “Come fai a dire questo, io non voglio nessun altro.”
Lui continuò girandole le spalle: “Ho altri progetti. Tu dovresti trovarti un
ragazzo che ti ami come meriti.”
Lei si allontano dicendogli: “Sei l’uomo più
stupido che abbia mai conosciuto. Ti auguro di essere felice, almeno tu.”
Uscì dalla casa e aspettò il dottore in macchina
dove potè piangere in santa pace. Poco dopo arrivò il dottore. Capì che era
successo qualcosa ma non chiese nulla,
la portò a casa poi prima di scendere le chiese in maniera discreta:
“Tutto bene, hai bisogno di parlare?” Lei le fu grata per averle dimostrato
simpatia in quel momento ma disse: “La ringrazio un’altra volta magari si.” Lo
saluto affettuosamente ed entrò in casa.
L’indomani avrebbe rivisto Tomas, aveva paura di
affrontarlo, ma sapeva che doveva abituarsi all’idea di incontrarlo e
probabilmente di trovarlo spostato tra non molto con dona Carmela.
Alla mietitura dai Rodrigo partecipava tutta Jabugo
era una festa tutti lavoravano o portando da mangiare ai mietitori o sistemando
i covoni belli in ordine o facendo altre cose. Si mangiava, beveva, cantava, ma
si lavorava tanto sempre ridendo.
Alva arrivò con le sue amiche molto presto poi
lì trovarono gli amici del bar: la mattina si facevano i caffe da distribuire
prima di iniziare a lavorare. Poi le donne andavano in cucina a preparare il
pranzo per gli uomini, a turno portavano gli spuntini a base di panini bibite e
vino, poi si preparava il pranzo e tutti si fermavano per mangiare tutti
attorno ad una tavolata che non finiva più. Nel pomeriggio altri spuntini a
base di frutta e bibite fresche, poi tutti uomini e donne sistemavano i covoni
e per concludere la giornata cena per finire tutto il cibo che era stato
preparato e si andava avanti oltre la mezzanotte e più.
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