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mercoledì 17 dicembre 2014

Nel cerchio magico 6


Le sue mani la cercavano la sfioravano con la mano che stringeva il seno turgido, la bocca che cercava quella di Alva. Mano e labbra a bruciarle la pelle, le labbra sulla sua bocca, la mano nel segreto del suo ventre. Cresceva il languore del suo corpo, si rompevano le ultime resistenze lei gli offrì la bocca, Con quella vertigine che la dominava Alva senza più forza per opporsi alle avances di Tomas.
Fu la voce di Ema che la chiamava che li riportò alla realtà, si staccarono a malincuore e uscendo dall’ombra Alva si fece vedere dalla sua amica che la cercava da tempo. Quando la vide, con il viso pallido le chiese preoccupata: “Alva cos’hai sembri stravolta, cosa ti è successo?” Lei riprendendosi un poco le narrò dell’ubriaco e di Tomas che era venuto prontamente in suo soccorso; in quel mentre si girò per cercarlo ma in lontananza sentì il rumore di un’auto che si allontanava. Era sparito, senza nemmeno salutarla.
Se non fosse per la sensazione che era rimasta nel suo corpo Alva quasi si stava convincendo che aveva sognato quei baci e quelle carezze, ma il languore che le era rimasto le diceva che Tomas era stato con lei. Ora era sparito nel nulla e l’aveva nuovamente lasciata sola con se stessa e con la sua disperazione.
Ritornò con Ema in sala rimasero ancora un poco e poi tutte e due fecero ritorno a casa. Alva era più disperata che mai, non capiva, non sapeva più cosa fare era portata all’apice della felicità e poi bruscamente ritornava nella sua disperazione, sola con se stessa. Non poteva andare avanti così ormai non ci riusciva più.
Era già passato un anno, da quando Tomas le aveva predetto che lei non sarebbe riuscita a combinare nulla in paese. Era passato velocemente e lei oramai usciva per le sue visite da sola senza il dott Salazar, non perché Alva non lo chiamasse, ma perché lui da persona discreta quale era si era messo da parte e le faceva svolgere il suo lavoro con libertà mettendosi a sua disposizione per ogni consiglio, aiuto o informazione di cui Alva avesse bisogno.
         Era già arrivata nuovamente la mietitura dai Rodrigo e Alva non si sarebbe persa per niente al mondo la festa. Aveva in mente un suo piano ben preciso che avrebbe deciso del suo futuro e per nulla al mondo avrebbe mancato questo appuntamento dove c’era tutto il paese.
La festa era sempre molto attesa da tutte le ragazze perché sbocciavano sempre nuovi amori, era una occasione per socializzare, rivedere vecchie conoscenze lavorare tanto ma anche divertirsi.
La giornata era stata bella ma dopo pranzo iniziò a cambiare all’orizzonte si vedevano arrivare alcune nuvole minacciose, ma per la sera quando il temporale si sarebbe scatenato contavano di aver messo al riparo tutti i covoni.
Alva versò metà mattina si accorse che c’era anche Tomas, lo vide in lontananza che lavorava con gli uomini. Quando fu il suo turno di portare da bere o gli spuntini agli uomini, si avvicinò a Tomas e gli fece solo un cenno con il capo però non gli disse nulla lo guardò mentre prendeva da bere e passò oltre. Lui probabilmente si aspettava che lei gli rivolgesse la parola perché in tono ironico disse al suo vicino: “A qualcuno il topo gli ha mangiato la lingua!” Alva si girò nella sua direzione e tirò fuori la lingua in una smorfia e andò oltre parlando con gli altri uomini.
Dopo pranzo tutti assieme si ritrovarono a sistemare i covoni, ormai era tardi e rimaneva poca roba. Alva, vide che gli altri si stavano allontanando e nel fienile era rimasto solo Tomas che si era offerto di sistemare i carri e le attrezzature. Lei non si era fatta vedere e di nascosto salì in cima al fienile dove aveva intenzione di mettere in atto il suo proposito.
Quando vide che nei paraggi non c’era più nessuno ma erano rimasti nel fienile lei e Tomas, dall’alto vide che lui stava sistemando al coperto la catasta di fieno per ripararla dalle prime gocce di pioggia che minacciavano di cadere copiose.
 Lui in quel momento era di spalle e non la vedeva, lei con un balzo e un urlo si lancio sopra il cumulo di fieno accanto a dove si trovava Tomas. Quando sentì l’urlo si giro di scatto, ma nel mentre Alma era già piombata accanto a lui trascinandolo  per terra con il suo balzo. Lei con una mossa veloce fu su di lui e disse: “Ora mi toglierò tutto quello che ho addosso” così facendo incominciò a sbottonarsi la camicetta “
Poi mi metterò a urlare in modo che tutte le persone che sono qui accorreranno” Tomas la guardava stupito senza trovare le parole per dire qualche cosa, mentre le sue mani si posarono sulle sue reni.
Alva lanciò di lato la camicetta e portando le mani dietro alla schiena slacciò il reggiseno che lanciò vicino alla camicetta. Tomas la guardava incantato con un sorriso divertito e Alva incoraggiata dal suo atteggiamento remissivo aggiunse chinandosi su di lui e avvicinandosi al suo orecchio mentre i capezzoli sfioravano il suo petto nudo: “Dirò a tutti che mi hai preso con la forza e così davanti a tanti testimoni sarai costretto a sposarmi”.
Tomas con uno scatto,  eccitato la fece giacere sotto di se. Buttata sul fieno rabbrividì Alva. In quell’istante il fiele si trasformò in miele, di nuovo il dolore sbocciò nel supremo piacere; mai lei fu una giumenta con tanta violenza montata dal suo stallone, una così avida cagna in calore posseduta dal maschio, schiava sottomessa della sua libidine, femmina vagante per tutti i sentieri del desiderio: prati coperti di fiori e di dolcezza, foreste dall’ombra umida e dai sentieri, fino all’ultimo ridotto. Attimo per penetrare tutte le porte più strette e chiuse, attimo di resa per l’ultimo bastione del suo pudore.
Non ancora sazi si allontanarono l’uno dall’altra, ormai il temporale era vicinissimo Tomas guardandola con passione le prese la mano e la fece tirare su dicendole: “Anche se ti preferisco senza niente addosso e meglio che metti questi e mi aiuti a sistemare le ultime cose prima che scoppi il temporale.” Così dicendo le porse con aria maliziosa solo camicia e pantaloni e la biancheria intima la mise nelle sue tasche.
Alva si vestì e lo aiutò a portare dentro gli ultimi covoni proprio mentre iniziavano a scendere i primo goccioloni che divennero sempre più fitti e quando Alva portò dentro l’ultimo oramai era tutta zuppa che le vesti le si erano appiccicate alla pelle.
Quando si ripararono nel fienile lui si accorse che era tutta bagnata la prese per i fianchi e l’avvicinò al suo corpo e con la mano mentre la guardava negli occhi le tormentò il capezzolo che dal freddo era diventato turgido. Lei chiuse gli occhi lasciandolo fare mentre la sua bocca iniziò a baciarla lei con le mai gli accarezzo la nuca. Si staccò da lei e disse a malincuore: “E meglio che andiamo a casa a cambiarci prima di prenderci un malanno.” Mano nella mano arrivarono alla macchina e poco dopo erano a casa di Alva. Lei scese dall’auto poi avvicinandosi dalla parte del guidatore, aprì la portiera e lo fece uscire dicendo: “Ora dici a mio padre che mi vuoi sposare.” Tomas sorridendo la seguì in casa. Quando furono davanti al padre lui molto semplicemente disse: “Antonio voglio sposare tua figlia.”
Il padre di Alva li guardò e sorridendo disse: “Se voi siete felici io non ho nulla da dire.” Tomas la prese per un fianco avvicinandola a lui e guardandola disse: “Se non lo faccio non so cosa è capace di escogitare!”
Quando si ritrovarono soli per la prima volta Tomas le parlò d’amore, di come affamato e assetato la volesse e la desiderasse: in moglie la voleva e la desiderava. E questo per Alva valse a pagare tutto il dispiacere e l’attesa cui era stata costretta senza necessità.

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