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lunedì 20 ottobre 2014

Liala

Iniziatrice del rosa in Italia è stata Liala (pseudonimo coniato da D'Annunzio per Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi, 1897-1995), autrice di oltre ottanta romanzi che hanno venduto milioni di copie. La sua particolarità è l'ambientazione: il mondo della marina o dell'aviazione, durante la prima guerra mondiale. Come in America, anche in Italia gli anni '70-'80 vedono il boom della l.r.: vengono per la prima volta tradotti i romanzi delle progenitrici straniere (Cartland, Heyer, Heaven e Delly) e nel 1981 nasce Harmony, joint venture tra la Arnoldo Mondadori Editore e la Harlequin Enterprises, sul cui modello si costruisce. Oggi la Harmony conta venti collane, all'interno delle quali i libri escono con una periodicità che varia dal bisettimanale al bimestrale. Negli ultimi anni una nuova impronta al genere è stata data da altri editori: tra le firme più significative delle nuove tendenze Sveva Casati Modignani - pseudonimo di Bice Cairati e Nullo Cantaroni (quest'ultimo venuto a mancare nel 2004), autori di sedici romanzi di grande successo commerciale - e Mara Venturi, che ha iniziato a scrivere dietro suggerimento di Italo Calvino ed è stata definita da Alberto Bevilacqua la «Sandokan dei sentimenti»; oltre che di molti romanzi vendutissimi è autrice anche di serie televisive e di sceneggiati.
Nell'ultimo decennio è esploso il fenomeno, di matrice anglosassone, della chick-lit - letteralmente «letteratura per pollastrelle» (da chick, diminutivo di chicken, «pollo», ma nello slang «ragazza», e lit diminutivo di literature) - che ha preso avvio da una rubrica firmata dalla giornalista inglese Helen Fielding sulle pagine dell'«Indipendent»: «Il diario di Bridget Jones», diventata poi, con lo stesso titolo, un libro (1996) e infine un film (2001) di successo mondiale. Gli ingredienti della chick-lit sono: una giovane protagonista single, afflitta da qualche chilo di troppo o da altre «imperfezioni», perennemente insicura, romantica e un po' goffa; una verve ironica e scanzonata; la caparbia ricerca dell'uomo ideale; lieto fine, che non è l'altare, ma molto più spesso un'autoaffermazione della donna, che acquista finalmente fiducia in sé. Oltre a Helen Fielding, sono autrici di chick-lit Sophie Kinsella, Jennifer Weiner, Candace Bushnell, Melissa Bank e Anna Maxted.
In Italia ha successo, in questo filone, Stefania Bertola.
Il dilagare del fenomeno ha indotto Harmony a lanciare «Red Dress Ink», una collana interamente dedicata alla chick-lit. Il successo internazionale di questo tipo di narrativa - che per le sue caratteristiche è considerata più vicina alla women's fiction che alla l.r. - è da ascrivere alla sua capacità di restituire il senso d'incertezza e precarietà che caratterizza la generazione delle «quasi trentenni» e alla sua peculiare «ricetta» per la felicità. Diretta emanazione della chick-lit è, infine, la neonata mummy lit, ovvero: Bridget Jones dieci anni dopo... non più «pollastrella» bensì mamma. Anche nella mummy lit l'happy end è la ritrovata fiducia in sé, attraverso la consapevolezza... degli anni passati.

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