Iniziatrice
del rosa in Italia è stata Liala
(pseudonimo coniato da D'Annunzio per Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi,
1897-1995), autrice di oltre ottanta romanzi che hanno venduto milioni di
copie. La sua particolarità è l'ambientazione: il mondo della marina o
dell'aviazione, durante la prima guerra mondiale. Come in America, anche in
Italia gli anni '70-'80 vedono il boom della l.r.: vengono per la prima volta
tradotti i romanzi delle progenitrici straniere (Cartland, Heyer, Heaven e
Delly) e nel 1981 nasce Harmony, joint venture tra la Arnoldo Mondadori Editore
e la Harlequin Enterprises, sul cui modello si costruisce. Oggi la Harmony
conta venti collane, all'interno delle quali i libri escono con una periodicità
che varia dal bisettimanale al bimestrale. Negli ultimi anni una nuova impronta
al genere è stata data da altri editori: tra le firme più significative delle
nuove tendenze Sveva Casati Modignani - pseudonimo di Bice Cairati e Nullo
Cantaroni (quest'ultimo venuto a mancare nel 2004), autori di sedici romanzi di
grande successo commerciale - e Mara Venturi, che ha iniziato a scrivere dietro
suggerimento di Italo Calvino ed è stata definita da Alberto Bevilacqua la
«Sandokan dei sentimenti»; oltre che di molti romanzi vendutissimi è autrice
anche di serie televisive e di sceneggiati.
Nell'ultimo
decennio è esploso il fenomeno, di matrice anglosassone, della chick-lit - letteralmente «letteratura
per pollastrelle» (da chick, diminutivo di chicken, «pollo», ma nello slang
«ragazza», e lit diminutivo di literature) - che ha preso avvio da una rubrica
firmata dalla giornalista inglese Helen Fielding sulle pagine dell'«Indipendent»:
«Il diario di Bridget Jones», diventata poi, con lo stesso titolo, un libro
(1996) e infine un film (2001) di successo mondiale. Gli ingredienti della
chick-lit sono: una giovane protagonista single, afflitta da qualche chilo di
troppo o da altre «imperfezioni», perennemente insicura, romantica e un po'
goffa; una verve ironica e scanzonata; la caparbia ricerca dell'uomo ideale; lieto
fine, che non è l'altare, ma molto più spesso un'autoaffermazione della donna,
che acquista finalmente fiducia in sé. Oltre a Helen Fielding, sono autrici di
chick-lit Sophie Kinsella, Jennifer Weiner, Candace Bushnell, Melissa Bank e
Anna Maxted.
In
Italia ha successo, in questo filone, Stefania Bertola.
Il
dilagare del fenomeno ha indotto Harmony a lanciare «Red Dress Ink», una
collana interamente dedicata alla chick-lit. Il successo internazionale di
questo tipo di narrativa - che per le sue caratteristiche è considerata più
vicina alla women's fiction che alla l.r. - è da ascrivere alla sua capacità di
restituire il senso d'incertezza e precarietà che caratterizza la generazione
delle «quasi trentenni» e alla sua peculiare «ricetta» per la felicità. Diretta
emanazione della chick-lit è, infine, la neonata mummy lit, ovvero: Bridget
Jones dieci anni dopo... non più «pollastrella» bensì mamma. Anche nella mummy
lit l'happy end è la ritrovata fiducia in sé, attraverso la consapevolezza...
degli anni passati.
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