Pagine

mercoledì 19 novembre 2014

Nel verchio magico 1


Era ritornata a casa dopo aver trascorso alcuni anni a Huelva per studiare all’università. Era felice di ritornare nel suo paesotto, rivedere suo padre al quale era legata da un profondo affetto, le sue amiche con le quali aveva mantenuto un buon rapporto e che rivedeva quando ritornava a casa durante le vacanze.
Alva lo sapeva nel suo piccolo paese, tutti sapevano tutto di tutti, ma a lei non importava fortunatamente abitavano un po’ fuori e cercavano sempre di farsi gli affari propri.
Era ritornata con una laurea in veterinaria, gli animali le erano sempre piaciuti, ma non era una semplice simpatia era proprio un amore e le sarebbe piaciuto esercitare nel suo paese. A Jabugo c’erano diversi allevatori e a lei, che molto spesso andava a trovare suo zio che aveva una bell’allevamento di maiali, piaceva la vita rude e semplice dell’allevatore e di animali se ne intendeva perché, anche se ragazzina, lo zio la portava spesso con lui insegnandole tante cose pratiche su come trattarli, come seguirli, e prendersi cura di loro.
Suo zio ormai non c’era più ma Alva aveva fatto tesoro di quelle nozioni che aveva appreso trascorrendo le sue estati con lui e aveva intenzione di mettere a frutto tutto quello che aveva imparato.
Ora aveva bisogno di prendersi qualche giorno di pausa dopo la laurea e riposarsi anche per pensare esattamente come muoversi.
In paese c’era un vecchio veterinario il dott. Salazar che esercitava da tanto tempo, molto bravo e Alva aveva intenzione di collaborare con lui. La cosa più importante era prima di tutto superare la diffidenza non solo sua ma anche dei futuri clienti. Affidarsi ad una donna era per questi allevatori un po’ difficile e superare questo ostacolo era un’impresa non facile, Alva lo sapeva, ma non era spaventata era determinata e non voleva indietreggiare. Doveva acquisire molto lentamente la loro fiducia e solo dimostrando la sua competenza sarebbe stata in grado di svolgere il suo lavoro.
Non aveva parlato di questo a suo padre, sapeva già che lui avrebbe preferito che andasse a stabilirsi in citta. Era vero avrebbe avuto meno difficoltà, ma lei preferiva tentare se poi avrebbe trovato tanti ostacoli nulla le avrebbe vietato di trasferirsi altrove.
Quella sera aveva appuntamento con le sue amiche nella birreria in piazza per bere con loro e fare quattro chiacchere. Parcheggio il suo vecchio gippone fuori dal locale. Entrò nella vecchia birreria che a quell’ora era già affollata e nel tavolo in fondo alla sala trovò il gruppetto di amici. Si sedette con loro, ordinò una birra piccola e si scambiarono saluti e battute scherzose. Stava parlando con Senalda della festa che stavano organizzando per Capodanno. Ad un certo Alva stava guardando verso la porta quando vide entrare Tomas Farah, era un pezzo che non lo vedeva. Era sempre affascinante come se lo ricordava. Capelli  ricci scuri , occhi neri profondi e un sorriso canzonatorio. Si guardò in giro poi li notò e si diresse verso il loro tavolo, salutò tutti con cordialità poi si accorse di Alva e dopo averla guardata insistentemente negli occhi le sorrise e poco dopo si sedette accanto a lei. Alva inizio a sudare e il cuore inizio a battere così forte che aveva timore che lo sentisse anche Tomas. Lui le faceva sempre questo effetto travolgente. Tomas dopo essersi accomodato sulla panca accanto a lei ordinò una birra e poco dopo le piantò nuovamente gli occhi addosso e le chiese con la sua voce calda e profonda che le dava sempre i brividi: “Ciao Alva come stai è un pezzo che non ti vedo?”
Cercando di mantenersi calma Alva ricambiò lo sguardo e gli rispose senza far tremare la voce: “Ciao Tomas sto bene grazie. Ho finito gli studi e ora ho intenzione di fermarmi un po’ qui a Jabugo.”
Lui sorseggiò la birra senza staccargli gli occhi di dosso e riprese: “Uhu! Bene. Così ci si vede più spesso!” sorrise e Alva sentì che la sua gamba si avvicinava alla sua. La sentiva bene,  forte e muscolosa contro la sua. Fece finta di nulla e non si mosse, lui le sorrideva ancora e non smetteva di guardarla. Alva per rompere quel silenzio imbarazzante gli chiese: “E tu come te la passi Tomas?”
Lui le guardò attentamente il viso e fissò con insistenza la sua bocca e poco dopo come risvegliandosi rispose: “Al solito, tanto lavoro.” Non riusciva a staccare gli occhi da lui sembrava che non ci fosse nessuno oltre a loro persi uno nello sguardo dell’altro.
Poco dopo chiamarono Tomas lui si girò a malincuore e rispose alla domanda che gli avevano rivolto. Rimase ancora un po’ lì con loro poi salutò tutti dicendo che doveva andare.
I ragazzi lo presero in giro dicendogli: “La vedovella ti reclama e Tomas?” lui si schernì e rispose sorridendo: “Sempre i soliti, ho delle cose da fare.” Salutò tutti poi si volse verso Alva e con un sorriso caldo le disse: “Ciao Alva ci vediamo presto.” Le fece l’occhiolino e uscì dal locale.
Alva aveva avuto una breve storia con Tomas qualche estate fa e doveva confessare a se stessa che non lo aveva per nulla dimenticato. Non che si fossero lasciati ma quando ritornava a casa lui l’accoglieva sempre con molto calore ma non aveva più provato a baciarla, anche se a lei sarebbe piaciuto.
Non aveva il ragazzo, anzi a dire il vero non aveva trovato nessuno che riuscisse a farle dimenticare Tomas. Era questa la verità.
Era l’estate di circa tre anni fa. Alva era ritornata come ogni anno verso metà luglio dopo aver dato un esame che le era costato molta fatica ma alla fine era riuscita brillantemente a superarlo.
Ora si era tolto anche quel peso di dosso e aveva voglia di rilassarsi e dimenticare per un po’ di tempo i libri.
Come ogni anno con le amiche programmavano una decina di giorni di mare per togliere quel color bianco cadaverico dalla loro pelle. Si accordò con Linda, Ema, Sofia e Blanca le sue migliori amiche,  fecero i bagagli e partirono alla volta di Ayamonte dove Linda metteva a disposizione delle sue amiche una casetta non tanto grande ma confortevole. Facevano solo mare poi  le raggiungevano i ragazzi dal paese e stavano con loro a cena.
La mattina partivano ognuna ad una certa ora per andare in spiaggia Blanca e Alma erano le più mattiniere, quando si alzavano mettevano il caffe per tutte, facevano colazione e preparavano della frutta da portarsi via per il pranzo. Con un libro e la crema solare si recavano in spiaggia per rimanerci sino a sera. Quel fine settimana i ragazzi avevano organizzato una grigliata e  sarebbero rimasti con loro sino al lunedì.
Quel fine settimana arrivò anche Tomas e fece coppia fissa con lei; Alva aveva un debole per Tomas si conoscevano da tanto tempo: scherzavano a volte si provocavano facendosi dei dispetti ma nulla più. Forse perché era da tanto tempo che non si vedevano, o forse perché le altre coppie erano già fatte loro due si ritrovarono a stare assieme, ma non era un peso anzi anche Tomas sembra ben felice di stare con lei.
Tomas era un abile nuotatore e Alva in suo compagnia faceva volentieri delle lunghe nuotate spingendosi con lui sino al largo. C’erano tante cose che lui le spiegava e Alva restava sempre volentieri ad ascoltarlo.  Alva si era accorta che Tomas non le toglieva gli occhi di dosso, con quel micro costume che le copriva giusto le vergogne non poteva nascondere poi tanto. Ma il suo sguardo che si soffermava a lungo sulle sue curve le provocava un brivido di piacere e di eccitazione.
Gli unici contatti che avevano era quando dopo il bagno si offriva di spalmarle la crema solare sulla pelle. La sua mano la carezzava lentamente  e i suoi occhi la divoravano vogliosi spostandosi con la mano lungo le parti scoperte; le dita più impertinenti cercavano di insinuarsi anche oltre tenendo sempre sotto controllo le reazioni di Alva. Quando lui si spingeva oltre il consentito lo riprendeva si girava sull’asciugamano mettendo una certa distanza tra loro.

Nessun commento:

Posta un commento