Era ritornata a casa dopo aver trascorso alcuni
anni a Huelva per studiare all’università. Era felice di ritornare nel suo
paesotto, rivedere suo padre al quale era legata da un profondo affetto, le sue
amiche con le quali aveva mantenuto un buon rapporto e che rivedeva quando
ritornava a casa durante le vacanze.
Alva lo sapeva nel suo piccolo paese, tutti
sapevano tutto di tutti, ma a lei non importava fortunatamente abitavano un po’
fuori e cercavano sempre di farsi gli affari propri.
Era ritornata con una laurea in veterinaria, gli
animali le erano sempre piaciuti, ma non era una semplice simpatia era proprio
un amore e le sarebbe piaciuto esercitare nel suo paese. A Jabugo c’erano
diversi allevatori e a lei, che molto spesso andava a trovare suo zio che aveva
una bell’allevamento di maiali, piaceva la vita rude e semplice dell’allevatore
e di animali se ne intendeva perché, anche se ragazzina, lo zio la portava
spesso con lui insegnandole tante cose pratiche su come trattarli, come
seguirli, e prendersi cura di loro.
Suo zio ormai non c’era più ma Alva aveva fatto
tesoro di quelle nozioni che aveva appreso trascorrendo le sue estati con lui e
aveva intenzione di mettere a frutto tutto quello che aveva imparato.
Ora aveva bisogno di prendersi qualche giorno di
pausa dopo la laurea e riposarsi anche per pensare esattamente come muoversi.
In paese c’era un vecchio veterinario il dott.
Salazar che esercitava da tanto tempo, molto bravo e Alva aveva intenzione di
collaborare con lui. La cosa più importante era prima di tutto superare la
diffidenza non solo sua ma anche dei futuri clienti. Affidarsi ad una donna era
per questi allevatori un po’ difficile e superare questo ostacolo era
un’impresa non facile, Alva lo sapeva, ma non era spaventata era determinata e
non voleva indietreggiare. Doveva acquisire molto lentamente la loro fiducia e
solo dimostrando la sua competenza sarebbe stata in grado di svolgere il suo
lavoro.
Non aveva parlato di questo a suo padre, sapeva
già che lui avrebbe preferito che andasse a stabilirsi in citta. Era vero
avrebbe avuto meno difficoltà, ma lei preferiva tentare se poi avrebbe trovato
tanti ostacoli nulla le avrebbe vietato di trasferirsi altrove.
Quella sera aveva appuntamento con le sue amiche
nella birreria in piazza per bere con loro e fare quattro chiacchere.
Parcheggio il suo vecchio gippone fuori dal locale. Entrò nella vecchia
birreria che a quell’ora era già affollata e nel tavolo in fondo alla sala
trovò il gruppetto di amici. Si sedette con loro, ordinò una birra piccola e si
scambiarono saluti e battute scherzose. Stava parlando con Senalda della festa
che stavano organizzando per Capodanno. Ad un certo Alva stava guardando verso
la porta quando vide entrare Tomas Farah, era un pezzo che non lo vedeva. Era
sempre affascinante come se lo ricordava. Capelli ricci scuri , occhi neri profondi e un
sorriso canzonatorio. Si guardò in giro poi li notò e si diresse verso il loro
tavolo, salutò tutti con cordialità poi si accorse di Alva e dopo averla
guardata insistentemente negli occhi le sorrise e poco dopo si sedette accanto
a lei. Alva inizio a sudare e il cuore inizio a battere così forte che aveva
timore che lo sentisse anche Tomas. Lui le faceva sempre questo effetto
travolgente. Tomas dopo essersi accomodato sulla panca accanto a lei ordinò una
birra e poco dopo le piantò nuovamente gli occhi addosso e le chiese con la sua
voce calda e profonda che le dava sempre i brividi: “Ciao Alva come stai è un
pezzo che non ti vedo?”
Cercando di mantenersi calma Alva ricambiò lo
sguardo e gli rispose senza far tremare la voce: “Ciao Tomas sto bene grazie.
Ho finito gli studi e ora ho intenzione di fermarmi un po’ qui a Jabugo.”
Lui sorseggiò la birra senza staccargli gli
occhi di dosso e riprese: “Uhu! Bene. Così ci si vede più spesso!” sorrise e Alva
sentì che la sua gamba si avvicinava alla sua. La sentiva bene, forte e muscolosa contro la sua. Fece finta di
nulla e non si mosse, lui le sorrideva ancora e non smetteva di guardarla. Alva
per rompere quel silenzio imbarazzante gli chiese: “E tu come te la passi Tomas?”
Lui le guardò attentamente il viso e fissò con
insistenza la sua bocca e poco dopo come risvegliandosi rispose: “Al solito,
tanto lavoro.” Non riusciva a staccare gli occhi da lui sembrava che non ci
fosse nessuno oltre a loro persi uno nello sguardo dell’altro.
Poco dopo chiamarono Tomas lui si girò a
malincuore e rispose alla domanda che gli avevano rivolto. Rimase ancora un po’
lì con loro poi salutò tutti dicendo che doveva andare.
I ragazzi lo presero in giro dicendogli: “La
vedovella ti reclama e Tomas?” lui si schernì e rispose sorridendo: “Sempre i
soliti, ho delle cose da fare.” Salutò tutti poi si volse verso Alva e con un
sorriso caldo le disse: “Ciao Alva ci vediamo presto.” Le fece l’occhiolino e
uscì dal locale.
Alva aveva avuto una breve storia con Tomas
qualche estate fa e doveva confessare a se stessa che non lo aveva per nulla
dimenticato. Non che si fossero lasciati ma quando ritornava a casa lui
l’accoglieva sempre con molto calore ma non aveva più provato a baciarla, anche
se a lei sarebbe piaciuto.
Non aveva il ragazzo, anzi a dire il vero non
aveva trovato nessuno che riuscisse a farle dimenticare Tomas. Era questa la
verità.
Era l’estate di circa tre anni fa. Alva era
ritornata come ogni anno verso metà luglio dopo aver dato un esame che le era
costato molta fatica ma alla fine era riuscita brillantemente a superarlo.
Ora si era tolto anche quel peso di dosso e
aveva voglia di rilassarsi e dimenticare per un po’ di tempo i libri.
Come ogni anno con le amiche programmavano una
decina di giorni di mare per togliere quel color bianco cadaverico dalla loro
pelle. Si accordò con Linda, Ema, Sofia e Blanca le sue migliori amiche, fecero i bagagli e partirono alla volta di
Ayamonte dove Linda metteva a disposizione delle sue amiche una casetta non
tanto grande ma confortevole. Facevano solo mare poi le raggiungevano i ragazzi dal paese e stavano
con loro a cena.
La mattina partivano ognuna ad una certa ora per
andare in spiaggia Blanca e Alma erano le più mattiniere, quando si alzavano
mettevano il caffe per tutte, facevano colazione e preparavano della frutta da
portarsi via per il pranzo. Con un libro e la crema solare si recavano in
spiaggia per rimanerci sino a sera. Quel fine settimana i ragazzi avevano
organizzato una grigliata e sarebbero
rimasti con loro sino al lunedì.
Quel fine settimana arrivò anche Tomas e fece
coppia fissa con lei; Alva aveva un debole per Tomas si conoscevano da tanto
tempo: scherzavano a volte si provocavano facendosi dei dispetti ma nulla più. Forse
perché era da tanto tempo che non si vedevano, o forse perché le altre coppie
erano già fatte loro due si ritrovarono a stare assieme, ma non era un peso
anzi anche Tomas sembra ben felice di stare con lei.
Tomas era un abile nuotatore e Alva in suo
compagnia faceva volentieri delle lunghe nuotate spingendosi con lui sino al
largo. C’erano tante cose che lui le spiegava e Alva restava sempre volentieri
ad ascoltarlo. Alva si era accorta che
Tomas non le toglieva gli occhi di dosso, con quel micro costume che le copriva
giusto le vergogne non poteva nascondere poi tanto. Ma il suo sguardo che si
soffermava a lungo sulle sue curve le provocava un brivido di piacere e di
eccitazione.
Gli unici contatti che avevano era quando dopo
il bagno si offriva di spalmarle la crema solare sulla pelle. La sua mano la
carezzava lentamente e i suoi occhi la
divoravano vogliosi spostandosi con la mano lungo le parti scoperte; le dita
più impertinenti cercavano di insinuarsi anche oltre tenendo sempre sotto controllo
le reazioni di Alva. Quando lui si spingeva oltre il consentito lo riprendeva
si girava sull’asciugamano mettendo una certa distanza tra loro.
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