Dai libri che leggi, posso giudicare della tua professione, cultura, curiosità, libertà. Dai libri che rileggi, conosco la tua età, la tua indole, quello che hai sofferto, quello che speri. (Ugo Ojetti) Esistono due motivi per leggere un libro: uno perchè vi piace, l'altro è che potrete vantarvi di averlo letto. (Bertrand Russell)
martedì 25 novembre 2014
domenica 23 novembre 2014
Nel cerchio magico 2
Quando uscivano dall’acqua prima di sdraiarsi ad
asciugarsi passavano sotto la doccia e in quel momento le mani di Tomas
l’accarezzavano senza ritegno Alva lo bloccava e si allontanava da lui.
Quando era ora di ritornare a casa piegavano gli
asciugamani, prendevano le loro cose e mentre le avvicinava il pareo per aiutarla
ad indossarlo lui si avvicinava al suo orecchio e mentre si chinava per dirle
che era molto bella con le labbra le mordeva e lambiva l’orecchio provocandole
dei brividi umidi e sospiri di piacere.
Alva non sapeva cosa pensare di tutte queste
avances, questi ripetuti attacchi di Tomas per vincere la sua resistenza, il
suo pudore la disorientavano. Il suo corpo fremeva a quelle carezze, era avido
per inclinazione, riservato per pudore.
Quell’ultima sera forse il vestito che indossava
era particolarmente carino, lui era molto galante, forse una birra in più fatto
sta che mano nella mano si erano appartati dagli altri, scesero sulla spiaggia buia
attratti dall’oscurità della notte. La serata era magica e Alva si sentiva
molto eccitata. Camminavano e ad un certo punto Alva mise il piede male e stava
per cadere ma prontamente Tomas la strinse a sé abbracciandola dal di dietro,
premendole i seni e baciandole rapido la nuca. Lei poi con un brivido sentì la
mano carezzevole che saliva sotto il vestito, bruciandole le cosce e le anche.
Ma con un rapido gesto si allontanò da lui
perché sapeva che se fosse rimasta lì accanto a lui anche solo un istante non
sarebbe più riuscita a controllarsi, sorpresa della reazione del suo corpo a
quelle carezze. Senza pensarci alzo la mano e lo schiaffeggio.
Lui ci rimase molto male: portò la mano alla
guancia, la guardò e sussurrò con astio: “La principessa non vuole essere
baciata?” Alva rispose tutta agitata per le sensazioni che aveva provato e
rispose: “Non mi stavi solo baciando”. Lui ironico rispose: “Non mi pareva ti
desse tanto fastidio”. Lei rispose piccata: “Ti sbagli”. Allora in tono ironico
ribatté: “Scusa. Mi sono sbagliato”.
Ormai la serata era rovinata, nessuno dei due parlò
per un bel pezzo mentre rientravano all’appartamento. Quando arrivarono in
vista della casa lui la salutò e montò in macchina e sparì nel buio della
notte. Alva rimase sola a ricordare al buio la sensazione eccitante che aveva
provato in quell’attimo tra le sue braccia.
Aveva scambiato qualche bacio con qualche
ragazzo, collega di studi ma erano niente in confronto a quelli di Tomas. Ogni
volta che ci ripensava aveva un brivido intenso che la stordiva.
Anche quella sera la sua vicinanza era stata
così piacevole, la sensazione che aveva provato così forte che non riusciva a
non pensare a quella sera di circa tre anni fa.
Maledizione, ora i ragazzi parlavano di una
vedovella che andava a trovare ogni sera. Un uomo sano e vigoroso come lui
aveva certe esigenze. Alva immaginava che non viveva come un monaco,
sicuramente la signora le riscaldava il letto e soddisfaceva le sue richieste.
Cercò di non pensare a Tomas ma se lo immaginava
mentre stringeva la vedovella tra le sue braccia, la baciava, la accarezzava
come sarebbe piaciuto essere baciata e accarezzata lei.
Ad una certa ora fecero ritorno a casa e si sforzo di non pensarci più, lei ora
doveva pensare a riposarsi e poi doveva pensare al suo lavoro e nulla più.
Passò un po’ di tempo prima di rivedere Tomas,
capitò a casa sua una mattina perché cercava suo padre per affari. Alva quella
mattina aveva deciso di lavare la macchina e aveva indossato un paio di
pantaloncini corti e una camicia che aveva legato in vita per comodità.
Quando arrivò Tomas la vide in quella tenuta e
quando scese dalla macchina iniziò a fissarla con insistenza, le si avvicinò e
le chiese con voce roca: “Ti serve una mano?” Alva si chinò per prendere la
spugna dal catino senza rendersi conto che così facendo dalla scollatura metteva
in bella vista il seno che spuntava dalla camicetta. Tomas ironico aggiunse:
“Un po’ più in giù prego” Alva rendendosi conto a cosa stava facendo
riferimento si tirò su di colpo e gli lancio la spugna bagnata in faccio
urlandogli: “Sporcaccione”
Tomas le si avvicinò e con la mano che le
scendeva giù per la nuca e per lo scollo della camicetta, in cammino verso i
seni la immobilizzò e iniziò a baciarla sempre più esigente vincendo la sua
resistenza. Non poteva lasciarlo fare lo desiderava ma non voleva cedergli.
Ad un certo punto tra un bacio e l’altro si
divincolò e stava per alzare una mano ma lui la blocco: “Non hai perso
l’abitudine di schiaffeggiare i tuoi ammiratori.” Le bloccò le mani dietro alla
schiena e le catturò nuovamente le labbra e la baciò con una passione
travolgente, poi la lasciò andare bruscamente. Stava per cadere se non ci fosse stato lui rapido a sostenerla
stringendola ancora a se.
La lasciò e con tono scostante le disse: “Di a
tuo padre che l’ho cercato” poi come nulla fosse montò in macchina e se ne
andò.
Alva rimase bloccata per un bel pezzo, sentiva
ancora il calore delle sue labbra e le carezze delle sue manie su tutto il suo
corpo.
Era sconvolta, incapace di muoversi. Non
riusciva a calmarsi si sentiva il cuore in gola e il respiro era affannoso. Si
appoggiò alla macchina e quando si sentì più salda sulle gambe si incamminò
verso casa stordita. Andò in camera sue e si diresse verso la doccia e dopo
aver lasciato i vestiti sul pavimento lasciò scendere l’acqua sul suo corpo incapace
di reagire. Miscelò l’acqua in modo che scendesse solo acqua fredda e quella
sferzata di acqua sul suo corpo la riportò alla realtà e riprese a pensare
normalmente.
Così non andava bene. Tomas la desidera era
evidente, i suoi sguardi lo dicevano, la sua voce , le sue carezze, ma non
capiva poi perché dopo quei loro abbracci travolgenti lui scomparisse dalla
circolazione e la evitasse. Molto probabilmente non voleva farsi vedere con
lei. Temeva la gelosia della vedova o era solo attratto da lei?
Passò diverso tempo prima che potesse rivederlo,
e la sensazione che lui non si fermasse negli stessi luoghi che lei solitamente
frequentava le confermava la sua teoria. Le capitò un paio di volte che era
all’emporio a fare le commissioni per suo padre e vide la macchina di Tomas
passare, ma quando lui si accorse che il suo gippone era parcheggiato nei
pressi invece di fermarsi tirò dritto.
Alva era molto contrariata, ma non poteva farci
nulla, Un giorno però suo padre le chiese: “E’ un pezzo che non vedo Tomas, lo
hai visto recentemente?” Alva gli rispose: “No! Sto andando dal dott. Salazar
se vuoi visto che sono di strada passo da lui e gli dico che lo cerchi.”
Naturalmente aveva voglia di rivederlo ed era
curiosa di capire come avrebbe agito vedendosela davanti. Arrivò da Tomas che
abitava a circa quattro km da casa sua e 8 dal paese. Aveva una bella casa con
un giardino molto ben curato. Parcheggiò davanti alla veranda e lo chiamò. Non
vide nessuno. Fece il giro della casa e lo trovò dietro che sistemava la legna.
Era a torso nudo e appena si accorse di lei le
disse in tono duro: “Cosa ci fai qui?” Si vedeva chiaramente che era irritato
di vederla lì. Alva senza scomporsi gli disse: “Mio padre ha bisogno di
parlarti, mister gentilezza!” Lui la guardò in modo torvo e rispose: “Adesso
che hai fatto la tua ambasciata puoi anche andartene.”
Alva per nulla impressionata continuò: “Oh! E la
famosa ospitalità che fine ha fatto signor Tomas Farah.” Lui sempre più cupo le
rispose: “Ho da fare e non ho tempo da perdere con te.” Lei sorridendo
aggiunse: “Che tu non abbia tempo da
perde con me è evidente, come è evidente che mi stai evitando.”
Lui la guardò senza negare la sua affermazione e
aggiunse: “Quando te ne ritorni in città?” Lei scocciata rispose: “Non ritorno
in città ho intenzione di rimanere. Qui ho mio padre e le persone a cui voglio
bene. Voglio lavorare con il dott. Salazar .”
mercoledì 19 novembre 2014
Nel verchio magico 1
Era ritornata a casa dopo aver trascorso alcuni
anni a Huelva per studiare all’università. Era felice di ritornare nel suo
paesotto, rivedere suo padre al quale era legata da un profondo affetto, le sue
amiche con le quali aveva mantenuto un buon rapporto e che rivedeva quando
ritornava a casa durante le vacanze.
Alva lo sapeva nel suo piccolo paese, tutti
sapevano tutto di tutti, ma a lei non importava fortunatamente abitavano un po’
fuori e cercavano sempre di farsi gli affari propri.
Era ritornata con una laurea in veterinaria, gli
animali le erano sempre piaciuti, ma non era una semplice simpatia era proprio
un amore e le sarebbe piaciuto esercitare nel suo paese. A Jabugo c’erano
diversi allevatori e a lei, che molto spesso andava a trovare suo zio che aveva
una bell’allevamento di maiali, piaceva la vita rude e semplice dell’allevatore
e di animali se ne intendeva perché, anche se ragazzina, lo zio la portava
spesso con lui insegnandole tante cose pratiche su come trattarli, come
seguirli, e prendersi cura di loro.
Suo zio ormai non c’era più ma Alva aveva fatto
tesoro di quelle nozioni che aveva appreso trascorrendo le sue estati con lui e
aveva intenzione di mettere a frutto tutto quello che aveva imparato.
Ora aveva bisogno di prendersi qualche giorno di
pausa dopo la laurea e riposarsi anche per pensare esattamente come muoversi.
In paese c’era un vecchio veterinario il dott.
Salazar che esercitava da tanto tempo, molto bravo e Alva aveva intenzione di
collaborare con lui. La cosa più importante era prima di tutto superare la
diffidenza non solo sua ma anche dei futuri clienti. Affidarsi ad una donna era
per questi allevatori un po’ difficile e superare questo ostacolo era
un’impresa non facile, Alva lo sapeva, ma non era spaventata era determinata e
non voleva indietreggiare. Doveva acquisire molto lentamente la loro fiducia e
solo dimostrando la sua competenza sarebbe stata in grado di svolgere il suo
lavoro.
Non aveva parlato di questo a suo padre, sapeva
già che lui avrebbe preferito che andasse a stabilirsi in citta. Era vero
avrebbe avuto meno difficoltà, ma lei preferiva tentare se poi avrebbe trovato
tanti ostacoli nulla le avrebbe vietato di trasferirsi altrove.
Quella sera aveva appuntamento con le sue amiche
nella birreria in piazza per bere con loro e fare quattro chiacchere.
Parcheggio il suo vecchio gippone fuori dal locale. Entrò nella vecchia
birreria che a quell’ora era già affollata e nel tavolo in fondo alla sala
trovò il gruppetto di amici. Si sedette con loro, ordinò una birra piccola e si
scambiarono saluti e battute scherzose. Stava parlando con Senalda della festa
che stavano organizzando per Capodanno. Ad un certo Alva stava guardando verso
la porta quando vide entrare Tomas Farah, era un pezzo che non lo vedeva. Era
sempre affascinante come se lo ricordava. Capelli ricci scuri , occhi neri profondi e un
sorriso canzonatorio. Si guardò in giro poi li notò e si diresse verso il loro
tavolo, salutò tutti con cordialità poi si accorse di Alva e dopo averla
guardata insistentemente negli occhi le sorrise e poco dopo si sedette accanto
a lei. Alva inizio a sudare e il cuore inizio a battere così forte che aveva
timore che lo sentisse anche Tomas. Lui le faceva sempre questo effetto
travolgente. Tomas dopo essersi accomodato sulla panca accanto a lei ordinò una
birra e poco dopo le piantò nuovamente gli occhi addosso e le chiese con la sua
voce calda e profonda che le dava sempre i brividi: “Ciao Alva come stai è un
pezzo che non ti vedo?”
Cercando di mantenersi calma Alva ricambiò lo
sguardo e gli rispose senza far tremare la voce: “Ciao Tomas sto bene grazie.
Ho finito gli studi e ora ho intenzione di fermarmi un po’ qui a Jabugo.”
Lui sorseggiò la birra senza staccargli gli
occhi di dosso e riprese: “Uhu! Bene. Così ci si vede più spesso!” sorrise e Alva
sentì che la sua gamba si avvicinava alla sua. La sentiva bene, forte e muscolosa contro la sua. Fece finta di
nulla e non si mosse, lui le sorrideva ancora e non smetteva di guardarla. Alva
per rompere quel silenzio imbarazzante gli chiese: “E tu come te la passi Tomas?”
Lui le guardò attentamente il viso e fissò con
insistenza la sua bocca e poco dopo come risvegliandosi rispose: “Al solito,
tanto lavoro.” Non riusciva a staccare gli occhi da lui sembrava che non ci
fosse nessuno oltre a loro persi uno nello sguardo dell’altro.
Poco dopo chiamarono Tomas lui si girò a
malincuore e rispose alla domanda che gli avevano rivolto. Rimase ancora un po’
lì con loro poi salutò tutti dicendo che doveva andare.
I ragazzi lo presero in giro dicendogli: “La
vedovella ti reclama e Tomas?” lui si schernì e rispose sorridendo: “Sempre i
soliti, ho delle cose da fare.” Salutò tutti poi si volse verso Alva e con un
sorriso caldo le disse: “Ciao Alva ci vediamo presto.” Le fece l’occhiolino e
uscì dal locale.
Alva aveva avuto una breve storia con Tomas
qualche estate fa e doveva confessare a se stessa che non lo aveva per nulla
dimenticato. Non che si fossero lasciati ma quando ritornava a casa lui
l’accoglieva sempre con molto calore ma non aveva più provato a baciarla, anche
se a lei sarebbe piaciuto.
Non aveva il ragazzo, anzi a dire il vero non
aveva trovato nessuno che riuscisse a farle dimenticare Tomas. Era questa la
verità.
Era l’estate di circa tre anni fa. Alva era
ritornata come ogni anno verso metà luglio dopo aver dato un esame che le era
costato molta fatica ma alla fine era riuscita brillantemente a superarlo.
Ora si era tolto anche quel peso di dosso e
aveva voglia di rilassarsi e dimenticare per un po’ di tempo i libri.
Come ogni anno con le amiche programmavano una
decina di giorni di mare per togliere quel color bianco cadaverico dalla loro
pelle. Si accordò con Linda, Ema, Sofia e Blanca le sue migliori amiche, fecero i bagagli e partirono alla volta di
Ayamonte dove Linda metteva a disposizione delle sue amiche una casetta non
tanto grande ma confortevole. Facevano solo mare poi le raggiungevano i ragazzi dal paese e stavano
con loro a cena.
La mattina partivano ognuna ad una certa ora per
andare in spiaggia Blanca e Alma erano le più mattiniere, quando si alzavano
mettevano il caffe per tutte, facevano colazione e preparavano della frutta da
portarsi via per il pranzo. Con un libro e la crema solare si recavano in
spiaggia per rimanerci sino a sera. Quel fine settimana i ragazzi avevano
organizzato una grigliata e sarebbero
rimasti con loro sino al lunedì.
Quel fine settimana arrivò anche Tomas e fece
coppia fissa con lei; Alva aveva un debole per Tomas si conoscevano da tanto
tempo: scherzavano a volte si provocavano facendosi dei dispetti ma nulla più. Forse
perché era da tanto tempo che non si vedevano, o forse perché le altre coppie
erano già fatte loro due si ritrovarono a stare assieme, ma non era un peso
anzi anche Tomas sembra ben felice di stare con lei.
Tomas era un abile nuotatore e Alva in suo
compagnia faceva volentieri delle lunghe nuotate spingendosi con lui sino al
largo. C’erano tante cose che lui le spiegava e Alva restava sempre volentieri
ad ascoltarlo. Alva si era accorta che
Tomas non le toglieva gli occhi di dosso, con quel micro costume che le copriva
giusto le vergogne non poteva nascondere poi tanto. Ma il suo sguardo che si
soffermava a lungo sulle sue curve le provocava un brivido di piacere e di
eccitazione.
Gli unici contatti che avevano era quando dopo
il bagno si offriva di spalmarle la crema solare sulla pelle. La sua mano la
carezzava lentamente e i suoi occhi la
divoravano vogliosi spostandosi con la mano lungo le parti scoperte; le dita
più impertinenti cercavano di insinuarsi anche oltre tenendo sempre sotto controllo
le reazioni di Alva. Quando lui si spingeva oltre il consentito lo riprendeva
si girava sull’asciugamano mettendo una certa distanza tra loro.
lunedì 17 novembre 2014
vacanze a sorpresa 10
Ci alzammo per andare
a cenare in un localino lì vicino e mentre ci spostavamo a piedi Mark si
avvicinò a me e mise la sua mano attorno ai miei fianchi, ma io mi divincolai
egli dissi: “Stai buono, non mi piace quando allunghi le mani. Comportati
bene.” Lui mi guardò e disse: “Mi pareva di capire che i miei baci non ti
dessero fastidio.” Io allora risposi: “Come ti ho detto volevo dare una lezione
a Catherine perché non mi piaceva essere presa per cretina!” Lui mi guardò con
una espressione strana e disse: “Quindi i tuoi baci languidi sono solo per dare
una lezione a Catherine. Non ci credo.”
Lo guardai e risposi: “Libero di pensare quello
che vuoi.” Lui non replico e mi guardò attentamente negli occhi, mi sforzai di
non abbassare lo sguardo e poi mettendosi le mani in tasca continuò a camminare
accanto a me senza aggiungere altro. Cenammo ma notai che Mark non era più
sorridente come prima e la colpa era mia, ma non volevo illuderlo io avevo
altre priorità e innamorami di Mark non era proprio la cosa che volevo anche se
iniziava a piacermi troppo. Tornammo a casa io con Mark e i genitori con la
macchina che avevamo io e Sophia. Durante il tragitto Mark non parlò, ma io non
sopportavo il silenzio che c’era tra noi e gli chiesi se la mattinata con il
padre era andata bene. Lui rispose a monosillabi e poi visto che non aveva molta voglia di dialogare mi zitti
pure io. Non volevo che finisse così la serata mi dispiaceva ma non potevo fare
altro, dovevo mantenerlo il più lontano possibile da me.
Arrivammo a casa scendemmo dalla macchina lui mi
augurò la buona notte io pure e molto triste andai a letto. La notte feci
fatica ad addormentarmi e feci dei sogni strani. Sognai che Mark guidava la macchina
e io ero al suo fianco poi ad un certo punto la macchina uscii di strada ma io
non ero più in macchina con lui c’era Catherine
mi guadavano e ridevano di me. Mi sveglia di soprassalto, mi accorsi che
era un sogno ma una tristezza mi invase e mi accorsi di avere gli occhi bagnati.
Mi alzai tardi, ma non avevo voglia di vedere
nessuno. Quando scesi c’erano solo i genitori di Mark li salutai e loro mi
guardarono e mi chiesero: “Hai la faccia tirata, stai
bene?” Io un po’ imbarazzata confessai: “Non ho dormito bene ma un caffè
mi farà bene.” Così andai in cucina da Maria a prendere del caffe appena fatto.
Maria mi salutò e mi disse che Mark era già andato fuori, molto presto a dire
il vero.
Tornai in sala e i genitori mi diedero un
biglietto da parte di Mark, lo aprii e lessi: “Sono in spiaggia ti aspetto lì,
prendi la Mercedes.” Non sapevo come interpretare il biglietto non c’era nulla
di strano.
I genitori mi chiesero con apprensione: “Va
tutto bene?” Io sorridendo risposi per tranquillizzarli: “Si tutto bene.” Feci colazione e poi ormai a metà mattinata
presi la Mercedes e mi diressi alla spiaggia.
Quando arrivai mi guardai attorno per vedere
dove fossero tutti. Mi avvicinai a Carol,
la salutai e le chiesi se per caso avesse visto Mark, lei mi indicò con
la testa il bar poi aggiunse: “E’ andato al bar con Tom.” “Vieni che andiamo a
prendere qualcosa?” chiesi a Carol. Lei mi guardò ma poi mi disse che non aveva
molta voglia. Mi allontanai in direzione del bar, quando arrivai c’era Tom che
parlava con il barista e in un angolo Mark che parlava con Catherine.
Lui era di spalle e lei fu la prima ad accorgersi di me e con fare sfacciato
mise una mano sul braccio di Mark perché sapeva che la stavo guardando. Io con
non curanza arrivai alle spalle di Mark e gli misi le mani sugli occhi tappandoglieli
e mi avvicinai con il corpo alle sue spalle. Lui inizio ad accarezzare le mani
e disse: “Vediamo se riesco ad indovinare chi sei?” Mentre lo diceva mise le
mani dietro e accarezzò la mia schiena, poi con una mano mi fece spostare
davanti a lui, mentre tenevo le mani sui suoi occhi e inizio ad accarezzare le
spalle poi giù lentamente sino ai i fianchi, poi mi circondò con le gambe in
modo da impedirmi di allontanarmi e mi avvicinò a se stringendomi tra le sue
braccia dicendomi: “Questa volta non scappi.” Dietro le mie spalle sentii la
voce di Catherine che diceva. “Ma quanto siete sfacciati voi due” e si
allontanò. Io tolsi le mani dai suoi occhi e lo guardai. Non mi diede il tempo
di parlare che le sue labbra erano già sulle mie prima lievi e poi sempre più
esigenti.
Quando ci sciogliemmo
dall’abbraccio mi disse: “Andiamo via di qui.” Mi prese per mano e salutammo
Tom, ci avvicinammo a Carol e salutammo
anche lei poi salimmo in macchina e andammo al porto, parcheggiammo e mi portò
dove aveva la barca a vela del padre e salpammo.
Ci allontanammo dalla
costa e ci dirigemmo verso il largo. Mentre faceva le manovre per uscire dal
porto era molto concentrato e non mi rivolse la parola; quando fummo in mare
aperto mi chiamò vicino a lui, mise un braccio attorno ai miei fianchi, mi
avvicinò a se e mi diede un bacio, poi un altro poi mi abbraccio e mi catturò
la bocca per darmi un bacio che mi tolse il respiro. Cercai di allontanarmi, ma
non me lo permise allora mi sistemai in modo da dargli la schiena e gli chiesi:
“Dove stiamo andando?” Lui mi abbracciò cingendomi la vita e mi sussurrò ad un
orecchio: “E’ una sorpresa.” Liberando una mano la mise sul manubrio della barca
e la guidò verso il largo ma rimanendo vicino alla costa. La giornata era
stupenda e c’era una brezza piacevole. Mi accorsi che ci stavamo spostando e ad
un certo punto mi indicò la riva e disse: “Vedi là in fondo riconosci la casa e
la spiaggetta?” Guardai attentamente e vidi la casa di Mark in lontananza e
riconobbi la spiaggetta dove ero stata tante volte a prendere il sole. Quando
fummo di fronte Mark spense il motore e butto l’ancora e capii che ci saremmo
fermati lì.
Mi prese per le
braccia e mi girò ponendosi di fronte a me e poi mi baciò ancora con più
passione di prima. Io ricambia il bacio non potevo farne a meno, non riuscivo a
staccarmi da lui. Inizio ad accarezzarmi, ma io mi staccai da lui e gli dissi:
“Dobbiamo parlare.” Lui non mi diede ascolto e catturò nuovamente la mia bocca
dandomi una altro bacio. Io con molta fatica lo allontanai e alzando un po’ la
voce ripetei: “Mark dobbiamo parlare.”
Lui si stacco e
stizzito mi risposte: “Ma perché proprio ora! Non possiamo farlo dopo? Ho altre
cose in mente in questo momento.” Mi afferrò nuovamente stringendomi a se, ma
io puntai le mani sul suo petto e con forza lo allontanai spostandomi su un
lato della barca mettendo una certa distanza tra me e lui.
Lui mi guardò
scocciato e si spostò dall’altro lato esattamente di fronte a me. Rimanemmo in
silenzio per un po’ guardandoci negli occhi poi io apri la bocca per parlare ma
lui mi zittì dicendo: “Non ho nessuna intenzione di ascoltarti se stai così
lontana da me.”
Io allora mossi
qualche passo riducendo della metà la nostra distanza. Lui mi guardò ancora e
disse: “Forse non mi sono spiegato non ti ascolterò se sei così lontana.” Mi
avvicinai mettendomi davanti a lui e appena fui a tiro mi catturò entrambe le
mani e disse: “Sei ancora troppo lontana.”
Io lo guardai e
risposi: “Mark dobbiamo parlare, e di
tante cose.” Lui scocciato rispose: “Odio questa tua razionalità, ma tu non ti
lascia mai andare?” Lo guardai e gli risposi: “L’ho appena fatto. Sto baciando
un uomo che detestavo sino a pochi giorni fa, con il quale avevo fatto un
accordo: io avrei finto di essere la sua fidanzata e lui mi avrebbe offerto una
vacanza al mare a casa dei suoi.”
Lui allora mi attirò a
se e mi disse: “Vieni allora godiamoci la nostra vacanza” baciandomi ancora. Io
non mi allontanai ma ricambia il suo bacio, ma quando staccò le sue labbra
dalle mie lo allontanai e mantenendo una certa distanza continua: “Mark io
domani torno a casa.” Lui non mi fece continuare e rispose: “Possiamo rimanere
ancora due settimane.”
Io continuai: “Io la
prossima settimana devo laurearmi e tra quindici giorni partirò per Londra dove
mi fermerò per qualche mese.” Mi guardò e sul suo viso vidi passare prima la
tristezza poi la passione e poi la ribellione. Un attimo dopo mi sentii sollevata dalla forte stretta delle
sue braccia. I piedi mi si staccarono da terra; la testa mi si reclino indietro;
Mark mi copri il viso di baci con un
ardore silenzioso e travolgente, come se sentisse l’urgenza di arrivare nel più
profondo della mia anima. Mi baciò le guance arrossate, la fronte corrugata, le palpebre chiuse, le
labbra assetate; e i colpi ritmici e i sospiri dello sciabordio dell’acqua
contro la chiglia della barca assecondavano la forza delle braccia che mi
stringevano, il potere irresistibile delle sue carezze.
Barcollai indietro,
stremata, come se fossi stata portata lì in secca dopo una tempesta e un
naufragio. Aprii gli occhi dopo un momento e sentii la sua voce che mi diceva:
“Non voglio che tu vada via.”
Io molto lentamente
gli risposi: “Devo farlo. E’ molto importante per me.”
Lui mi guardò e mi chiese: “E io?” Io lo guardai
perdendomi nella profondità del suo sguardo e accarezzando il suo viso gli
risposi: “Non ti conosco abbastanza, siamo così diversi, abbiamo progetti
diversi, non so dirti se funzionerà. Potrebbe essere una cotta estiva che si
esaurisce già domani.”
Lui mi guardò un po’
irritato e rispose: ”Non riesci a non essere razionale vero? Ragioni con la
testa non con il cuore. Potrebbe anche funzionare.” Io dispiaciuta nel
sentirgli dire quelle parole gli risposi: “Cosa dovrei fare? Ho paura.” Lui
replicò: “Paura di provare dei sentimenti? Di metterti alla prova? Di
soffrire?”
Io lo guardai e
risposi: “Si. Ho fatto tanti sacrifici per potermi mantenere negli studi, ho
lavorato per poter essere autonoma e non dipendere dai miei. Non posso buttar
via tutto questo. Non ho una famiglia alle spalle che soddisfa ogni mio
capriccio. Ecco perché dico che siamo diversi.”
Lui mi guardò e
rispose: “Non ti sto chiedendo di buttar via tutto questo, ti chiedo di darmi
una possibilità. Anche io non so dirti se funzionerà tra noi due , ma voglio
provare.”
Non opposi resistenza
quando mi prese per i fianchi e mi avvicinò a lui, non avevo voglia di
allontanarmi volevo fidarmi di lui, chissà poteva essere l’uomo della mia vita.
Una sola cosa sapevo in quel momento non volevo rinunciare a lui.
.
sabato 15 novembre 2014
vacanze a sorpresa 9
Tornai a casa tardino e quando entri in salone
trovai la mamma di Mark e poco dopo con mia gioia vidi arrivare Mark e sue
padre. Entrarono con i mano dei sacchetti, dopo averli poggiati Mark mi guardò
e mi chiese con tono ironico: “Hai sentito la mia mancanza? Io lo guardai e con
aria di sfida e risposi: “Neanche un pò”.
Allora tutti risero e il padre di Mark replicò:
“Beata la sincerità! Penso che hai trovato la donna giusta che ti metterà in
riga.” Mark mi guardò e replicò sornione: “Bugiarda” Io lo fissai intensamente
negli occhi e replicai: “Non dico le bugie, ma solo delle false verità” Lui
replicò: “Brava così va meglio”.
Poco dopo la mamma di Mark si rivolse a me
chiedendomi: “Ti farebbe piacere venire con me
devo comprare delle cose e mi piacerebbe avere un tuo parere. Io senza
pensarci un attimo le risposi di si che mi avrebbe certamente fatto piacere.
Poco dopo la mamma aggiunse: “Va bene allora per le quattro.” Un istante dopo
girandosi verso Mark aggiunse: “Mark mi ha chiamato Catherine e voleva sapere se poteva fare un salto nel pomeriggio che
voleva parlarti, io le ho detto di si.”
Mentre lo diceva mi guardava e poi guardò Mark.
Lui non fece vedere le sue emozioni, una
maschera era calata sul suo viso. Io ero sconvolta ero stata con l’inganno
allontanata da casa per dare modo a loro due di parlare tranquillamente: la
sensazione che avevo avuto dall’inizio che la madre di Mark fosse favorevole alle
nozze e che vedesse in me un ostacolo che impediva la riconciliazione tra i due
era confermata dalla trappola che mi aveva teso nel pomeriggio. Io non diedi a
vedere che ero ferita e umiliata salutai e mi ritirai in camera per dare libero
sfogo alla mia rabbia. Quando fui tra le mura della mia camera mi resi conto
che era giusto così, in fin dei conti ero un’estranea e poi che mi importava
tra meno di una settimana sarei stata a Londra lontano da tutto questo e da
Mark e avrei ripreso la mia vita.
Mi dispiaceva ammetterlo ma ero infastidita per
come ero stata ingannata; la madre di Mark si era prima accertata che io fossi
disponibile ad uscire con lei, dopo aver ricevuto il mio consenso oramai non
potevo rimangiarmi la parola e quindi impedire l’appuntamento tra Mark e Catherine.
Verso le quattro indossai un tubino rosa e sopra
una maglia bianca con una scollatura a V sia davanti che dietro, mi guardai
allo specchio e nell’insieme il risultato mi convinceva abbastanza, non volevo
farmi vedere di cattivo umore, così scesi cercando di essere sorridente. Quando
arrivai in salone c’era già la mamma di Mark che mi aspettava e lì accanto a
lei c’era Catherine di fronte era
seduto Mark. Salutai guardando Catherine negli occhi e poi guardai Mark che
ricambiò il mio sguardo.
La madre di Mark alzandosi dalla poltrona disse:
“Vogliamo andare mia cara?” Io cercando di essere il più disinvolta possibile senza
distogliere il mio sguardo da lui risposi sorridendo di si. Mentre mi spostavo
per raggiungere l’uscita passai vicino alla poltrona di Mark a arrivata vicino
a lui mi inchinai mettendo una mano sul suo ginocchio e mentre mi chinavo a
sfiorargli le labbra feci scorrere le mie dita sulla sua coscia con una carezza.
Al tocco della mia mano Mark reagì allungando una mano dietro alla mia nuca per
avvicinarmi a lui e ricambiò con un bacio molto più esigente. Io mi lascia
andare a quel bacio senza riserve e mi parve fosse passato un secolo quando
sentii la voce di Catherine che acidamente diceva: “Potreste dedicarvi alle
vostre effusioni in luoghi più consoni.”
Mi staccai a
malincuore da Mark dopo aver fissato i suoi occhi che si erano fatti
stranamente dolci e uscii senza degnarla di una risposta e di uno sguardo,
ancora scioccata delle sensazioni incredibili che quel bacio mi aveva lasciato.
Montai in macchina e
la madre di Mark uscì dal viale e ci dirigemmo verso il paese. Restammo in
silenzio per un po’, io ero ancora frastornata, sentivo sulle mie ancora le
labbra calde di Mark ed era una sensazione
piacevolissima. Mi stava piacendo sempre di più maledizione, mi stavo facendo
del male con le mie stesse mani. Per lui
ero un diversivo, nulla più però quando mi baciava sentivo che gli piaceva.
Ad un certo punto
sentii la voce della mamma di Mark che mi diceva, allontanandomi dai mie
pensieri: “Ti devo delle scuse per averti portato fuori con me questo
pomeriggio.” Io la guardai stupita e lei continuò: “Vorrei che Catherine e Mark
si chiarissero una volta per tutte, lei oggi mi ha chiamato dicendomi che non
aveva ancora avuto occasione di parlare con Mark e mi ha chiesto se potevo
aiutarla. Io so che lei si è comportata male nei confronti di Mark, ma non ho
saputo dirle di no.”
Io la guardai e
replicai: “Signora è giusto che ci sia questo chiarimento, io e Mark non ci
conosciamo da molto tempo, non abbiamo parlato di matrimonio, non abbiamo fatto
progetti, quando finirà questa vacanza io partirò per Londra per qualche mese.
Per me è più importante la mia professione voglio lavorare, specializzarmi e
non ho pianificato di farmi una famiglia. Posso essere la persona sbagliata per
suo figlio, come anche no. Questo non lo so dire ora.”
Lei mi guardò e mi rispose: “Mi piaci perché
sei sincera. Sai quello che vuoi e ti garantisco che non ho nessuna intenzione
di interferire in altri modi fra di voi.”
Detto questo rimanemmo
ancora un po’ in silenzio, nel frattempo arrivammo al negozio dove aveva
appuntamento, facemmo una visita dall’antiquario mi chiese consigli mi fece
vedere delle cose molto interessanti, voleva regalarmi una collana di turche
molto bella, era come se volesse sdebitarsi a tutti i costi e dopo molto
insistenze mi feci convincere ad accettare il dono.
Finito i nostri giri
mi propose di andare a bere un aperitivo in un baretto lì accanto io la seguii.
Ci sedemmo in un tavolino accanto a un cespuglio di gelsomini e poco dopo
arrivò un cameriere e facemmo le ordinazioni, ad un certo punto squillò il suo
cellulare, lei rispose: “Pronto, ciao” “Siamo al bar da Nicodemo, Si va bene a
dopo” Dopo aver messo il cellulare sul tavolino mi guardò e disse: “Stanno
venendo qui.”
Io la guardai e il
cuore mi balzò in gola. Ci mancava solo questo adesso venivano qui a darci la
buona novella, che meraviglia non vedevo l’ora. Cosa mi aspettavo che lui
cambiasse idea, l’avevo pur visto come la baciava, non si era mai tirato
indietro, non l’aveva mai allontanata, voleva solo farla ingelosire, cercava
solo una ragazza che si prestasse al suo giochetto solo per farla nuovamente
decidere a sposarlo. Ma che stupida e pensare che avevo visto nel suo sguardo
un luce di complicità, mi sembrava che il bacio scambiato poco prima fosse
importante anche per lui in realtà si stava solo divertendo alle mie spalle.
Dopo un tempo che mi
parve interminabile li vidi arrivare, ma Mark non era con Catherine, ma con suo
padre, erano tutti e due sorridenti e quando si avvicinarono al nostro tavolo
Tom il padre di Mark disse galantemente: “Aspettate qualcuno o possiamo unirci
a voi belle signore?” Io non riuscivo a crederci e mentre guardavo Mark lui si
chinò su di me e mi sfiorò la bocca con un bacio e mi disse: “Felice di
vedermi?” Io non risposi ma con la mano avvicinai il suo viso al mio e gli
chiesi un altro bacio.
Si sedettero e fecero
le ordinazioni e Mark non mi staccava gli occhi di dosso. Io un po’ in
imbarazzo feci vedere la collana che Sophia mi aveva regalato e poi parlammo
anche degli acquisti fatti come se nulla fosse e inizia a rilassarmi.
giovedì 13 novembre 2014
vacanze a sorpresa 8
La mattina avevamo deciso io e Carol di andare a fare compere. Mark mi disse
di prendere la macchina, ma io no volevo, non me la sentivo di guidare la
Mercedes, ma lui insistette tanto che fui costretta. Era piacevole stare con
Carol girammo in lungo e in largo verso mezzogiorno eravamo esauste così
andammo in spiaggia per fare un bagno.
C’erano tutti e
sdraiata vicino a Mark c’era naturalmente Catherine. Carol mi guardò con
sguardo dispiaciuto, ma io le dissi di non preoccuparsi che era arrivato il
momento di dare una lezione a quella sfrontata. Il cuore incominciò a battermi
all’impazzata, ma mi spogliai e senza attirare la loro attenzione andai a fare
il bagno. Feci una nuotata veloce e intanto la mia mente lavorava alacremente e
pensavo a come vendicarmi sino a che mi venne un’idea un po’ audace, ma volevo
provare. Uscii dall’acqua il cuore andava a mille cercai di tranquillizzarmi
facendo un bel respiro poi lentamente mi avvicinai a loro due. Non si erano
accorti di nulla era tutti e due supini. Mi misi vicino ai piedi di Mark che
erano leggermente divaricati e posi un ginocchio in mezzo alle gambe di Mark e
con le mani appoggiate sull’asciugamano
lentamente mi sdraia sopra di lui. Appenai Mark sentii il fresco del mio corpo,
appena uscito dall’acqua, sopra al suo spalanco la bocca ed emise un sospiro di
sorpresa allargando le braccia. Quando si rese conto che il peso sopra il suo
corpo era il mio mi abbracciò circondando con una mano i miei fianchi e con
l’altra accostò la mia testa alla sua e mi baciò. All’inizio fu un bacio lieve
poi quando si accorse che io non mi allontano divenne più esigente.
Catherine quando si
accorse cosa stava succedendo si alzo dicendo: “Voi due potete fare le vostre
smancerie in luoghi più appartati” e si allontano scocciata portandosi via il
suo asciugamano.
Quando realizzai che
era andata via puntai le mie mani sul petto di Mark e con forza mi staccai da
lui rotolando di fianco. Lui rimase un po’ sorpreso, ma girandosi di fianco mi
guardò con aria sorniona e mi disse: “Mi sei mancata.” Io senza voltarmi a
guardarlo gli risposi: “Certo come no e siccome eri troppo solo hai chiesto a Catherine di farti compagnia.” Lui
sorridendo rispose: “Ti stai comportando proprio come una vera fidanzata.” Io
spazientita allora risposi: “Ti sbagli mi sono stufata di fare la figura della
cretina e penso che sia arrivato il momento di mettere in riga la tua
amichetta.” Lui sorridendo in modo malizioso replico: “Quindi tutta questa
messa in scena è in onore di Catherine;
ed io che mi stavo illudendo che stavo iniziando a piacerti.”
Risposi
secca: “Quanto sei presuntuoso. Ma credi che tutte debbano cadere ai tuoi
piedi?” Lui continuo. “Cosa c’è in me che non ti piace?”
Io secca replicai: “Tutto. Se vuoi scusarmi ho
fame e vado a casa.” Feci per alzarmi e lui mi fermo per una mano, aspettami
sono a piedi devi darmi un passaggio hai tu la mia macchina. Continuando con lo
stesso tono secco gli dissi: “Spicciati che ho fame.”
Salutammo tutti e ci dirigemmo verso il
parcheggio dove avevo lasciato la macchina e cercai le chiave per dargliele ma
lui disse: “Guida tu.” Con riluttanza mi misi al volante e guidai verso casa
con Mark che guardava dalla mia parte in maniera insistente, alla fine
spazientita gli chiesi: “Che cosa hai da guardare?” Lui sorridendo mi rispose:
“Mi sorprendi continuamente!”
Sapevo a cosa si riferiva: al bacio di prima. A
dire il vero avevo sorpreso anche me stessa, ma ora ero convinta che fosse
stata la cosa giusta, lui non aveva protestato anzi aveva accolto con piacere
le mie avances e Catherine
avrebbe iniziato a capire che era il caso di girare alla larga.
Ora però dovevo stare attenta a Mark, non volevo nessun coinvolgimento con lui e
dovevamo mantenere le distanze. Questo fu l’atteggiamento che adottai nelle ore
successive. Vedevo che tentava di allungare la mano per stringere la mia, o
cercava di mettermi un braccio attorno alla vita ma ogni volta mi allontanavo
da lui sino a che iniziò a capire che nulla era cambiato da prima.
La sera andammo a cena con i suoi in un locale
molto carino e per l’occasione indossai il vestito da sera che mi aveva
prestato Susan. Era nero molto semplice una specie di sottoveste che però mi
stava molto bene e lo capii dallo sguardo di Mark quando scesi nel salone. Devo
essere sincera il suo sguardo mi fece piacere e durante tutta la serata notai
che più volte il suo sguardo si posava su di me.
Quando tornammo a casa i genitori poco dopo ci
salutarono per ritirarsi nella loro camera con il pretesto che erano stanchi e
per lasciarci da soli; Mark cercò di
trattenermi con lui prendendomi una mano e portandomi in veranda. Io lasciai la
sua mano e gli dissi che ero stanca e volevo andare a letto, ma lui mi guardò
appoggiandosi mollemente al pilastro della veranda e mi disse: “Ho
l’impressione che tu mi stia evitando!” Io lo guardai e gli risposi: “Sono
stanca e voglio andare a dormire.”
Lui continuò: “Hai paura che ti baci?” Lo
guardai e in quel momento arrossi, ma per fortuna ero in ombra e lui non se ne
accorse, ma si accorse dal tono della mia voce che non dicevo la verità: “Non
dire sciocchezze.” Lui allora si allontanò dal pilastro e guardandomi con aria
poco convinta rispose: “Bugiarda.”
Io per paura che si avvicinasse e confutasse
personalmente la sua teoria feci due passi verso la porta dicendo: “Buona notte
Mark vado a letto.” Lui sorridendo replicò: “Non mi sfuggirai così facilmente.”
Ma io per fortuna ero già lontana da lui vicino alle scale e quando arrivai
vicino al primo gradino salii le scale velocemente per arrivare al sicuro nella
mia stanza. Chiusi la porta e feci un respiro di sollievo.
Cosa mi era venuto in mente di baciarlo sulla
spiaggia, potevo semplicemente dire a Catherine
di spostarsi dall’asciugamano, ma volevo dimostrare a lei che io ero più
importante che lo avevo affascinato che ero desiderabile. Il bacio che Mark mi
aveva corrisposto mi aveva coinvolto, è vero che è da tanto tempo che non avevo
un ragazzo, ma la sensazione che mi aveva trasmesso era molto piacevole e se
poco fa fossi rimasta un attimo di più
sola con lui ero tentata di farmi
baciare ancora. Aveva ragione lui lo
stavo evitando per paura di essere ancora baciata.
Mi allontanai dalla porta e lentamente mi
spogliai, e mi ricordai degli sguardi che mi aveva lanciato durante la cena e
il solo pensiero mi provocò un certo languore. Mi misi a letto e continua a
fantasticare sino a che il sonno non arrivò.
La mattina seguente mi sveglia di ottimo umore e
non vedevo l’ora di rivedere Mark, il suo sguardo ironico, sentire la sua voce
averlo vicino a me. Quando scesi per la colazione trovai solo la mamma di Mark
che mi salutò con un sorriso e mi avvertì che Mark e suo padre erano fuori per
commissioni e sarebbero tornati nel tardo pomeriggio. Io allora dopo colazione
decisi di andare alla spiaggetta e dopo aver preparato la borsa con le mie cose
mi incamminai. Trascorsi il mio tempo a leggere fare bagni e rosolarmi al sole,
ma mi stavo annoiando, mi sentivo sola. Era una sensazione strana io che amavo
la solitudine, sarei potuta andare a raggiungere gli antri, ma avevo voglia
solo di una compagnia, solo di vedere i suoi occhi, solo di sentirlo vicino a
me, solo ed esclusivamente di lui.
mercoledì 12 novembre 2014
Vacanze a sorpresa 7
Salimmo in macchina e
durante il tragitto verso casa non parlai e lui dopo avermi guardato mi chiese:
“Sei così silenziosa! Sei molto stanca?” Io per tagliare corto risposi di si,
ma mi sarebbe piaciuto chiedergli come mi sarei dovuta comportarmi nei prossimi
giorni, poteva essere più chiaro e dirmi che voleva una finta fidanzata per far
ingelosire Catherine, non mi spiegavo in altro modo il suo atteggiamento.
Quando arrivammo a
casa, per non prolungare la vicinanza con lui e per evitare di porgli queste domande
che mi tormentavano lo salutai velocemente e andai in camera mia. Chiusi la
porta e tirai un respiro di sollievo. Anche questa serata si era conclusa ma
era stata difficile. Domani avrei parlato chiaramente con Mark.
L’indomani
trascorremmo la mattina a fare un giro al mercato e fare compere. Il marcato
era molto caratteristico c’erano un’infinità di spezie, stoffe, artigianato,
avrei comprato tutto ma mi trattenni, presi solo un vestito con una bella
stoffa fantasia mentre la mamma di Mark comprò una bella borsa e Mark voleva
comprarne una anche a me ma rifiutai categoricamente. Nel pomeriggio andammo in
spiaggia io avrei fatto a meno ma non potevo spiegare il motivo a Mark.
Naturalmente poco dopo aver disteso l’asciugamano sulla sabbia arrivò Catherine
che passando accanto a noi ci salutò. Non ci diede fastidio più di tanto, ma
appena Mark si alzò per fare il bagno vidi che anche lei si alzava per
dirigersi verso l’acqua. Io oramai conoscevo tutte le sue mosse e non sapevo
cosa fare o non fare. Se fossi stata la
vera ragazza di Mark avrei trovato il modo efficace per farla smettere quella
sfacciata.
Quando ci preparammo
per lasciare la spiaggia Catherine si avvicinò a Mark e guardando solo lui
disse: “Ci vediamo in pizzeria alle otto ci siamo tu io e altre tre coppie.” Io
mi accorsi che non era stato fatto il mio nome e continuando a piegare il mio asciugamano mi allontanai per prendere
la mia borse per lasciare che Mark prendesse accordi con Catherine. Infilai i
miei infradito e lentamente mi incamminai verso casa.
Ero sopra pensiero
quando sentii una vespa alle mie spalle e una voce dura che mi chiedeva: “Dove
stai andando?” Mi girai irritata dal tono di Mark e altrettanto alterata
risposi: “A casa.”
Lui con lo stesso tono
mi rispose: “Potevi almeno avvertirmi che andavi via, ti ho cercata in lungo e
in largo” Io sfacciatamente gli risposi: “Cosa pensavi mi fossi buttata in
mare?” Lui mi guardo e spazientito mi chiese: “Mi vuoi dire perché sei andata
via in questo modo?
Io allora non
riuscendo più a trattenermi risposi: “Non sono stata invitata in pizzeria e
stavo tornando a casa a piedi visto con non ho impegni” Lui ancora irato
rispose: “Tu sei con me e vieni con me” Io non riuscii a stare zitta e
replicai: “No mio caro mi sono stufata di reggere il moccolo, potevi essere più
onesto con me e dirmi che cercavi una fidanzata solo per far ingelosire Catherine”
Lui sempre più
arrabbiato rispose: “Io non sto facendo ingelosire nessuno, se tu vedi cose che
non esistono non è colpa mia.” Non riuscivo a trattenere la rabbia e continuai:
“A io vedo cose che non esistono? Allora mi sono immaginata i baci che vi siete
scambiati?“ Lui mi rispose: “Io e Catherine ci conosciamo da tanto e un bacio
possiamo anche scambiarcelo.”
Io al colmo della
rabbia replicai: “Per me la puoi ricoprire di baci a tutte le ore del giorno
non mi importa, ma si da il caso che ogni volta che mi allontano non fa altro
che fiondarsi vicino a te con qualsiasi pretesto e questa cosa a te fa molto
piacere.” Lui mi guardò e replicò: “Se ti fa piacere la prossima volta la
allontano.”
La rabbia era
incontenibile come faceva a non capire: “Io non voglio un bel nulla devi solo
dire chiaramente se mi devo mettere da parte
così tu puoi flirtare liberamente con Catherine o se devo comportarmi
come la tua fidanzata. Sono stufa di fare la cretina.”
Lui pacatamente
rispose: “Non sto flirtando con Catherine e non sto cercando di farla
ingelosire. Questo è tutto. Ora vuoi salire che ci aspettano in pizzeria.” Io di malavoglia salii dietro la vespa e
partimmo verso casa. Non avevo per niente voglia di andare in pizzeria, non
avevo voglia di vedere Catherine, di stare con Mark e mi scoppiava la testa. Ma
sarebbe stato sciocco darla vinta a Catrin, così feci una doccia infilai il
vestito che avevo comprato al mercato che metteva in risalto la mia abbronzatura
e scesi in salone dove c’era Mark che mi aspettava.
Lui mi diede una
rapida occhiata, suo padre che era acconto a Mark molto galantemente
rivolgendosi a Mark disse: “Ti conviene tenere bene gli occhi aperti, questa
sera più di qualche uomo potrebbe portartela via.” Io guardai il padre di Mark
e sorrisi dicendo: “Non si preoccupi non c’è pericolo sono troppo velenosa.”
Mark senza parlare mi mise una mano su un fianco e mi condusse fuori verso la
macchina. Io non dissi una parla non avevo voglia di fare conversazione ero
ancora arrabbiata.
Mark poco dopo disse:
“Hai intenzione di tenermi il muso tutta la serata?” Io a quelle parole risposi
controllando il tono di voce che sarebbe stato molto tagliente: “Non ho
intenzione di tenere il muso a nessuno ho solo molto mal di testa.” Lui allora
con voce più dolce mi disse: “Mi dispiace!”
Non riuscivo a capire
se era dispiaciuto perché si era comportato in modo brusco qualche ora fa o
perché avevo mal di testa. Poco importava non glielo chiesi e continuammo a
stare in silenzio.
Quando scesi dalla
macchina lui mi raggiunse e mi prese per mano, io molto velocemente mi
svincolai dalla sua stretta e dopo averlo guardato gli dissi: “Non è necessario
che tu mi tieni la mano.” E lo precedetti dentro il locale. Quando entrammo
nella sala che era stata prenotata per noi, quando Catherine ci vidi, rimase un
po’ stupita di vedermi, ma come se niente fosse si avvicinò a Mark e lo salutò
mettendogli una mano sotto il braccio e conducendolo a sedere vicino a lei. Io
vidi Steve il ragazzo minuto che era
stato galante con me la prima volta che ci avevano presentato e in maniera
molto simpatica disse: “Vieni a sederti vicino a me oramai sarai stufa di stare
con Mark per questa sera fammi godere la tua compagnia. Non ti ha mai detto
nessuno che sei bellissima?” Io lo guardai ridendo e risposi: “No nessuno come
lo stai dicendo tu.” Mi prese sottobraccio e mi condusse all’altra estremità
della tavolata.
Avevo voglia di non
pensare a Catherine e a Mark e volevo divertirmi così accettai le attenzioni di Steve come un
diversivo. Mi versò da bere e incrociando i miei occhi mi ripeté: “Se ti stufi
di Mark prendimi in considerazione.” Lo guardai e risposi: “Contaci.” Parlammo
del più e del meno e dopo aver bevuto due calici di vino mi sentivo già meglio.
Solo un paio di volte girando lo sguardo verso Mark mi accorsi che guardava
dalla mia parte, ma non ci diedi peso.
Quando arrivammo al
dessert Mark si alzo e si avvicinò a me e guardando Steve un po’ spazientito lo
apostrofò: “Posso riprendermi la mia fidanzata?” Steve per nulla impressionato
lo guardò e gli disse: “Mi sono già prenotato per quando si stuferà di te.” Mark sempre con
tono gelido rispose: “Corri un po’ troppo, ancora non è arrivato questo
momento!” Steve sorridendo rispose: “Lascialo dire a lei.” Si guardarono per un
po’ poi Mark mi chiese: “Vuoi che andiamo?” Io mi alzai senza rispondere e dopo
aver salutato Steve che mi prese la mano e galantemente me la baciò, lasciammo
il locale.
Quando fummo in
macchina Mark mi guardo e in tono acido mi disse: “Mi pare che hai passato una
bella serata con Steve? Lo guardai e replicai: “Certo è un ragazzo molto
affascinante.” Avrei voluto aggiungere anche tu con Catrin ma lo pensai
solamente. Lui continuo: “Stai attenta Steve è uno a cui piacciono le belle
donne.” Io lo guardai e replicai: “So badare a me stessa! Ma ti ringrazio per
l’avvertimento.”
Strano avevo come
l’impressione che il fatto che io avessi trascorso la serata con Steve lo
infastidisse, non riuscivi a spiegarmi il perchè. Ma certo gli dava fastidio non essere al centro
dell’attenzione, ma che importava mancava ancora una settimana e poi mi sarei
liberata di lui.
lunedì 10 novembre 2014
Coincidenze. Sui binari da Milano a Palermo, Tim Parks, Bompiani
Domenica sera viaggio in prima classe, perché in
seconda non c'è mai posto. Effettivamente, al momento di salire non c'è posto
neanche in prima, ma dopo Verona Portanuova, passerà il controllore e ci sarà
il solito fuggi fuggi verso al seconda. Qui il problema non è di informazione
ma di interpretazione. "I passeggeri sono pregati do controllare che la
classe indicata sul documento di viaggio corrisponda alla classe dei sedili che
occupano". Abbiamo sentito l'avvertimento già due volte nei primi venti
minuti di viaggio. Ma quali sono le conseguenze se non corrisponde?
Oggi, sedendomi mentre altri scappano, mi offro
di aiutare la ragazza di fronte a me a mettere sul portabagagli il suo borsone
che rischia di ostacolare la gente in fuga. "Non ne vale la pena",
dice. Non ha un biglietto di prima classe, perciò è probabile che dovrà
spostarsi anche lei da un momento all'altro. "E' che non c'è un solo posto
libero in tutto il treno", spiega.
Lo dice come se avesse controllato personalmente
ogni singola carrozza.
"Dovrebbero mettere più
interregionali", continua, ma non per giustificarsi; fa semplicemente
notare che la richiesta c'è e andrebbe soddisfatta. "L'Intercity costa il
doppio", spiega come se il mio accento straniero mi impedisse di saperlo.
"Non li mettono", faccio notare
"perché se tutti andassero a Milano con nove euro le FS non ci
guadagnerebbero un bel niente".
"Questo è vero", ha concesso lei
tranquillamente.
"Sarà per questo che certi pagano qualcosa
in più per la prima classe", osservò. "Per sedersi".
"Se possono permettersi la prima
classe", ribatte lei. "non capisco perché non prendono il treno più
veloce".
"Magari perché non si ferma nella loro
stazione. Dove sono salito io non si ferma per esempio".
"Già deve essere così", concorda.
Adesso arriva il controllore ma lei non si alza
per fuggire. Con estrema calma e naturalezza gli mostra il suo "documento
di viaggio".
"Questo è un biglietto di seconda classe,
signorina", osserva quello, "e lei è in prima".
La ragazza si guarda attorno vagamente sorpresa.
"Ah, sì?".
Ma non sta cercando davvero di prenderlo
in giro. Finge solo di cadere dalle nuvole, quel tanto da permettere al
controllore di comportarsi come se lei non sene fosse accorta. Tutti e
due recitano.
"Bene signorina, si deve spostare",
dice lui. Si vede che gli piace chiamarla signorina. La ragazza accenna ad
alzarsi e il controllore prosegue lungo la carrozza ormai piacevolmente libera.
I pochi rimasti già porgono il regolare biglietto di prima classe con un
sorriso affabile. la ragazza continua a trafficare con le sue borse, tirando fuori
cose, rimettendole dentro e sistemando una cosa e l'altra finché di punto in
bianco si risiede, sprofonda nel sedile in modo che i capelli biondi non
spuntino da sopra il poggiatesta e chiude gli occhi.
"S'è n'è andato", le dico dopo un altro
minuto. Lei apre un occhio, sorride, apre l'altro, ride, si passa una mano fra
i bei capelli, poi fruga dentro la borsa e tira fuori un testo di economia.
Deve studiare.
Chiedo: "Come farà quando torna?".
Lei si acciglia. "Ci metterà un bel po' ad
arrivare in fondo al treno. E' affollatissimo".
"Avrà un assistente che risale dalla parte
opposta".
"Vedremo", dice lei.
"In teoria potrebbe metterla giù dura".
"In teoria", concorda lei. "Ma non
credo".
Mi rendo conto di avere a che fare con una
persona molto più integrata i questa società di quanto possa mai sperare
di esserlo io.
"Perché?".
"Non fanno troppo sul serio con la prima
classe, no?".
Inarco un sopracciglio.
"Quando viaggi su un autobus senza
biglietto, che succede? Se sale un controllore, blocca le porte dell'autobus e
tutti quelli senza biglietto si beccano una multa. Questo è fare sul serio.
Volendo potrebbero benissimo far arrivare due controllori dai capi opposti
della carrozza di prima classe e fare la multa a tutti quelli con il biglietto
di seconda".
"Già". Non ci avevo pensato.
"Se andassi in prima classe su un Freccia
Rossa. me la farebbero subito, la multa".
"Qui invece no".
"Non fanno sul serio".
"Ma perché?".
Lei si acciglia. Si vede che è una studentessa
seria.
"Secondo me preferirebbero che tutte
queste persone che pagano per la prima classe passassero ai treni più veloci. I
poveri da una parte sul Regionale, il benestante dall'altra sulla Freccia, ben
divisi. E' quello il mondo che vogliono."
Poveri e ricchi. Non per nulla studia Economia.
Chiedo: "Allora perché offrire la prima
classe?"
"Hanno le carrozze, no?" Ci sarà sempre
qualcuno fesso abbastanza da pagare, anche se non riceve un servizio".
"Grazie."
"Prego", dice lei con una risata.
sabato 8 novembre 2014
Vacanze a sorpresa 6
Stava facendosi tardi
così mi incamminai verso la mia stanza dopo essermi messa a letto mi
addormentai quasi subito e l’indomani mi sveglia alle otto.
Mi misi il costume e
andai giù in salone dove trovai i genitori di Mark che sorseggiavano il caffè.
Quando mi videro mi salutarono e si meravigliarono che io fossi così
mattiniera. Presi una tazza di caffe e replicai: “Mi piace alzarmi presto e
andare al mare nelle ore meno calde.” Per continuare la conversazione chiesi
della loro gita in barca e così chiacchierammo piacevolmente sino a che non
arrivò Mark che dopo aver salutato tutti si sedette al mio fianco a prese una
tazza di caffè. Io stavo mangiando
l’ultimo boccone di una fetta di pane imburrata quando Mark si volto dalla mia
parte e con tono suadente mi chiese: “Mi prepari una fetta di pane imburrato?”
Lo guardai negli occhi e con tono altrettanto suadente risposi: ”Lo farei molto
volentieri, ma devo fare una telefonata importante.” E chiedendo scusa uscii
dalla stanza.
Non so cosa pensavano
in quel momento i genitori ma dovevo veramente chiamare il prof. Quella mattina
e se aspettavo ancora non lo avrei più trovato perché sarebbe stato a lezione.
Ad ogni modo non volevo che pensassero che ero la brava ragazza a disposizione
del loro bel figliolo.
Poco dopo scesi
nuovamente giù con le mie cose e trovai Mark in veranda con il padre appena mi
scorse Mark mi disse: “Sei pronta?” Io risposi di si. Lui si alzò e il padre ci
augurò buona giornata e io seguii Mark che tenendomi per un braccio mi fece
uscire dalla porta principale dove c’era parcheggiata una vespa turchese nuova
di zecca. Montò per primo lui e allora io chiesi: “Dove andiamo?” lui mi guardò
e mi rispose: “Al mare, ti presento i miei amici” Montai sulla vespa e non feci
più domande.
Quando arrivammo alla
spiaggia del paese parcheggiammo la vespa e ci avviammo verso un gruppetto di
ragazzi e ragazze riuniti sotto due o tre ombrelloni. Mark fece le
presentazioni e tutti molto simpaticamente mi accolsero molto calorosamente
facendo battutine. Steve un biondino minuto disse: “Ecco perché facevi tanto il
misterioso, carina com’è avevi paura che te La portassimo via il primo giorno.
Tranquillo. Non il primo giorno ma nei prossimi è meglio che ti guardi alle
spalle.” Tutti ridemmo e io penso di essere arrossita, non credevo di avere
questa accoglienza calorosa. Mi sedetti vicina alle ragazze e parlammo del più
e del meno, simpatizzai con Carol una bella moretta che mi fece i complimenti
per i miei capelli. Verso mezzogiorno avevamo fatto già diversi bagni e la
simpatia nei confronti dei ragazzi era veramente sincera.
Ero sdraiata vicino a
Carol quando vidi una bionda che ancheggiando si dirigeva verso il gruppo. Alla
prima occhiata non mi piacque neanche un po’ ma poi vidi che tutti la
salutavano e capii che la conoscevano bene. Si diresse con fare sensuale verso
Mark e dopo avergli messo le mani attorno al collo lo salutò con un bacio sulla
bocca. Lui sembrò poco interessato al bacio ma certamente non si ritrasse. Si
accorse che lo guardavo allora con voce rigida stacco le mani della bionda e disse: “Catrin ti presento la mia ragazza
Helen.” Lei si girò molto lentamente e mi fisso negli occhi con sguardo ostile
e poi disse: “Piacere.” La guardai pure io e feci un cenno del capo senza
staccarle gli occhi di dosso.
Lei come se niente
fosse chiese a Mark: “Cosa fai per pranzo?” Lui allontanandosi da lei e
dirigendosi verso di me disse: “Io e Helen stiamo andando a casa a mangiare”
Lei imperterrita continuò rivolgendosi solo a Mark: “Ci sei alla grigliata da
Tom questa sera?” Mark mi allungò una mano per farmi alzare e senza voltarsi
rispose: “Non abbiamo ancora deciso.”
Misi le mie cose nella
borsa salutai Carol e poi salutammo i ragazzi e ci dirigemmo verso la vespa.
Non scambiammo una parola. Avrei voluto chiedere chi fosse quella tipa, ma non
toccava a me fare le domande. Magari lui voleva con i suoi fingere che io fossi
la sua ragazza e flirtare con la bionda, ma doveva dirmelo, mi sarei preparata.
Quando arrivammo a
casa i genitori non erano ancora arrivati, così andammo nelle rispettive camere
a fare una doccia. Sotto il getto dell’acqua pensavo ancora alla bionda. Certo
che era strano, Mark mi aveva presentato ai suoi amici come la sua ragazza, ma
allora la tizia bionda chi era? Una sua vecchia fiamma o nuova fiamma?
Quando scesi giù erano
già a tavola, mi sedetti e mangiammo. I genitori stavano prendendo accordi per
andare a cena e Mark disse che sarebbe andato bene tra due serate perché
eravamo impegnati con una grigliata a casa di Tom. Così pensai tra me: alla
bionda aveva fatto credere che non ci sarebbe andata ma poi per non
scontentarla ci sarebbe stato. Secondo me stava facendo il doppio gioco io ero
la fidanzata di facciata e lui flirtava con la bionda. Bel porco pensai tra me.
Ma cosa mi potevo aspettare da un tipo come lui così mi passò l’appetito e
avevo voglia di andarmene in spiaggia da sola come avevo fatto i primi giorni.
Ma si che me ne fregava, io mi stavo
godendo una vacanza gratis. Lui poteva fare il porco con chi voleva.
Nel pomeriggio rimasi
in veranda a leggere il mio libro e verso le quattro Mark mi disse che per le
sette ci dovevamo preparare per recarci a casa di Tom. Mi consiglio di mettere
il costume che forse più tardi avremmo fatto un bel bagno. All’ora stabilita
scesi con un paio di pantaloncini e una canotta molto sexi, se dovevo vedere
una bionda che si baciava il mio fidanzato sotto il naso io potevo baciare
qualcuno sotto il naso del mio fidanzato! Mark mi squadrò con compiacimento, la
mia canotta a quanto pare piaceva anche a lui. Io feci finta di nulla e gli
passai davanti. Lui mi prese per il gomito e mi condusse alla Mercedes che era
parcheggiata fuori. Mentre guidava ogni tanto mi lanciava qualche occhiata, io
continuavo a fare finta di niente ma dentro di me pensavo: “Questa sera te lo
faccio vedere io.”
Arrivati da Tom
iniziammo ad apparecchiare, e gli uomini Mark e Tom si misero vicino ai camini
a cuocere la carne. Poco alla volta iniziarono ad arrivare anche gli altri
amici e anche facce nuove che non avevo visto al mare. Io e Carol senza nemmeno
parlarci lavoravano in sintonia come se non avessimo fatto altro e quando la
carne iniziò ad essere pronta la distribuivamo nei piatti con i contorni i
primi le bibite sino a che tutti non erano serviti. Mark e Tom grondavano
sudore e ogni tanto Carol o io gli portavamo da bere una birra. Carol ad un
certo punto mi prese per un braccio e mi obbligò a sedermi e mangiare qualche
cosa ma non avevo fame gli altri si. Avevano spazzolato tutto sembravano
cavallette, fortunatamente avevamo messo da parte dei piattini per i ragazzi
altrimenti non avrebbero lasciato neanche le bricciole, oramai tutti erano sazi
e non era più necessario stare davanti ai camini.
In quel momento
arrivò ancheggiando Catrin che individuò
subito Mark vicino al camino e con una birra fresca si diresse verso di lui. Io
mi rivolsi a Carol e le chiesi chi fosse la bionda, lei mi guardò e mi disse:
“Non lo sai?” Io la guardai e ingenuamente e risposi: “No, Mark non mi ha detto
nulla”. Lei allora inizio a raccontare che Mark stava per sposarsi con Catrin,
ma che lei all’ultimo minuto lei si era tirata indietro. Io guardai Carol e replicai: “Pare che adesso
ha cambiato idea!”
Carol mi guardo e mi
disse: “Mark non è uno sciocco!” Io però dentro di me lo pensavo eccome ma
questo a Carol non potevo dirlo. Mi alzai per andare a prendere l’anguria che
era stata messa in fresco, quando ritornai Mark era seduto a uno dei tavoli e
quando gli passai vicino mi prese per un braccio e mi fece sedere sulle sue ginocchia
e disse: “Ti vuoi sedere un attimo a riposare, hai girato come una trottola tutta
la sera per sfamare queste bocche voraci.” Feci per alzarmi ma lui mi strinse a
se mettendo le sue braccia attorno alla mia vita. Così immobilizzata non potevo
andare da nessuna parte così mi appoggia con la schiena al suo torace e rimasi
ferma ascoltando il suo respiro regolare. Liberò un braccio per finire di
mangiare quello che aveva nel piatto ma con l’altra mi teneva stretta. Io
allora perché mi sentivo un po’ in imbarazzo cercai di liberarmi ma appena
sentì che mi stavo divincolando strinse più forte e mi sussurrò all’orecchio:
“Non vai da nessuna parte resti qui con me.” Io mi sentivo a disagio e la sua
vicinanza mi faceva un certo effetto, sentivo il cuore battere forte e il mio
desiderio era quello di stare il più possibile lontano, così con la scusa di
dover andare in bagno mi allontanai da lui.
In bagno mi rinfrescai
le guance che sentivo bollenti, mi guardai il viso: avevo gli occhi che mi
luccicavano e una strana sensazione addosso. Dopo essermi calmata un po’ ed
essermi ripetuta di smetterla di agitami ogni volta che Mark mi era vicino o mi
sfiorava, uscii lentamente dal bagno.
I ragazzi nel mentre
si erano spostati vicino alla pergola e dopo aver messo un po’ di musica
ballavano. Mi guardai intorno e vidi che Carol stava sistemando i tavoli così
mi unii a lei e Tom e con spazzoloni e acqua lavammo i piani dei tavoli e
mettemmo in ordine le sedie accatastandole da una parte. Spostammo i sacchi con
la spazzatura e gli avanzi di cibo vennero messi da parte o divisi in diversi contenitori.
Quando finimmo ci
sedemmo esausti nel divanetto e con una birra a testa e con i piedi sopra al
tavolino sorseggiammo la bibita fresca e guardavamo gli altri che ballavano.
Non so se fosse la birra o la stanchezza ma ridevamo come matti per scemenze.
Io con il corpo ero con Carol e Tom ma i miei occhi guardavano tra il gruppetto
che ballava. C’era Mark che ballava con Catrin e a me dava fastidio, e mi
urtava avere questa sensazione, ero forse gelosa? Che sciocchezza però ogni volta
che Catrin era accanto a Mark ero infastidita. Quanto ero stupida a sentirmi
così. Cercavo di non guardare ma il mio sguardo come una calamita era attirato
in quella direzione.
Vidi ad un certo punto
che Catrin con un bacio salutò Mark e allora lui si diresse verso di noi. Senza
una parola si sedette acconto a me nel divanetto e mi prese la birra dalle mani
e ne bevve un lungo sorso. Si unì a noi e continuammo a parlare ancora un po,’
poi vista l’ora ci salutammo e salutammo anche gli altri.
Salimmo in macchina e
durante il tragitto verso casa non parlai e lui dopo avermi guardato mi chiese:
“Sei così silenziosa! Sei molto stanca?” Io per tagliare corto risposi di si,
ma mi sarebbe piaciuto chiedergli come mi sarei dovuta comportarmi nei prossimi
giorni, poteva essere più chiaro e dirmi che voleva una finta fidanzata per far
ingelosire Catrin, non mi spiegavo in altro modo il suo atteggiamento.
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